giovedì 18 dicembre 2014

La dichiarazione delle e degli studenti di ostetricia del Policlinico Umberto I di Roma.

Per fare in modo che le riflessioni di oggi, lunedì 15 dicembre, non si perdano ma che costituiscano invece la base per ulteriori azioni e pensieri condivisi da cui ripartire domani, proviamo a scrivere due righe.
Ci è sembrato di vitale importanza il fatto che questo confronto si aprisse qui al Policlinico Umberto I, luogo in cui ognuno di noi con la propria competenza (e non ruolo o posizione lavorativa) opera nei confronti del singolo e della collettività.

Ciò di cui ci si rende conto da studenti è la mancanza di spazi di dialogo, mentre abbondano le ore dedicate al puro nozionismo se non, purtroppo spesso, al sequestro di tempi di vita e di relazione, attraverso i tirocinii formativi, per sopperire alle evidenti inadeguatezze strutturali e di organico.
L'Università, come specificato in tutti i regolamenti accademici, in quanto parte della comunità scientifica, dovrebbe promuovere la costruzione del sapere come frutto del lavoro comune e partecipato di docenti, studenti e personale. Pretendiamo allora che questi spazi si creino come è stato possibile oggi e che continuino a crearsi, come è stato desiderio espresso oggi.
Quello che le nuove dichiarazioni dell'OMS (lo statement 2014 sulla violenza ostetrica da cui siamo partiti per costruire questo incontro) sottolineano, è che esiste un fenomeno “violenza ostetrica”, e che esso va innanzitutto individuato, per poi essere studiato, contrastato e prevenuto. I due termini - violenza ostetrica - non stanno a significare un operato intenzionalmente violento di ostetrici e sanitari, ma mettono in luce un tipo di violenza occulto e quotidianamente agito nei confronti della donna che partorisce. È il caso ad esempio dell'inefficienza strutturale ben testimoniata dal prof. F. Pecorini che rende vittime operatori e donne al medesimo livello: ciò che doveva essere una sala parto provvisoria è diventata definitiva nella noncuranza delle istituzioni sanitarie, con tutto il corollario di giustificazioni di qualsivoglia natura (economica, architettonica ecc). A scontarla sui propri corpi le donne, a scontarla sulla propria esistenza chi in questi posti ci lavora e ci vorrebbe lavorare meglio. L'ostetrica Marina Baldocci ha sottolineato come il fenomeno sempre più diffuso di una medicalizzazione impropria risulti accentuato quando a partorire sono le donne più in difficoltà , come nel caso di donne straniere.

Il cortometraggio “La prestazione-Sex like birth” realizzato da Freedom for Birth-Rome Action Group, che ha recentemente ottenuto una menzione speciale al Festival del Documentario Scientifico, è stato proiettato per permettere di individuare tutte quelle situazioni, ormai interiorizzate e date per scontate, che sono espressione di violenza ostetrica: a titolo di esempio la posizione non libera durante il parto, il monitoraggio in continuo, l'accelerazione con ossitocina. Se tutto ciò avvenisse per l'atto sessuale (momento in cui sono coinvolti i medesimi ormoni del parto), sembra più facile riconoscerli come atti di interferenza e screditamento delle proprie competenze, e quindi di violenza. A ragionare sull'idea che debbano essere valorizzate appunto le competenze individuali della donna, il diritto alla libertà di scelta sul proprio corpo, la necessità di consensi veramente informati (e non carta straccia da tirare fuori per un eventuale contenzioso medico-legale) sono stati Gabriella Pacini e Michele Grandolfo.

Strappare alle donne competenze in materia del proprio corpo, sembra essere precisa volontà di sistemi e modelli patriarcali, tra le cui espressioni vi è il sistema-ospedale. Ospedale che è l'unico contesto in cui avviene la nostra formazione, luogo in cui, come dalla relazione di Alessandro Rinaldi di Medici senza Camice, nella pratica quotidiana, si acquisiscono dei comportamenti indotti dall'ambiente, dalla struttura, dalle persone coinvolte nell'insegnamento nonché dai colleghi (hidden curriculum), che molto spesso sono però frutto di un adeguamento acritico al contesto.
Aprire gli orizzonti della formazione, costruire protocolli alla luce di incontri partecipati e condivisi (a partire dalla
proposta esplicitata oggi di aprire un tavolo per la creazione di protocolli conformi al modello degli Ospedali Amici dei Bambini, quasi totalmente assenti nel Lazio), ripassare la Carta di Ottawa tanto datata quanto attuale, creare e ricreare spazi di dialogo all'interno dei contesti lavorativi, ci sembrano essere dei validi punti di partenza.

martedì 16 dicembre 2014

Dalla collaborazione tra Freedom for Birth RAG e Il Melograno nasce a Roma uno sportello legale gratuito per dare informazioni ed orientamento legale sui diritti delle donne in gravidanza e maternità

Nasce “Melograno Diritti”.
Uno Sportello legale gratuito per dare informazioni ed orientamento legale sui diritti delle donne in gravidanza e maternità
Martedì 16 dicembre ore 17.00
Il Melograno Centro Informazione Maternità e Nascita Via Saturnia 4/a

Sarà attivo dal prossimo gennaio presso la sede dell’Associazione Il Melograno lo sportello legale gratuito Melograno Diritti, realizzato in collaborazione con Freedom for Birth Rome Action Group.
Questa iniziativa nasce per offrire alle donne e alle coppie assistenza, consulenza e informazioni sui loro diritti in gravidanza e al parto - ha dichiarato Romana Prosperi Porta Presidente Il Melograno Roma - Un impegno da sempre portato avanti dalla nostra Associazione e che si arricchisce oggi con questo servizio di orientamento legale.”
"Lo sportello legale Melograno Diritti vuole contribuire - dichiara Virginia Giocoli avvocata responsabile del Servizio - nel solco dell'impegno quotidiano di Freedom for Birth Rome Action Group e del Melograno, alla diffusione di informazioni alle donne sui loro diritti nella maternità, indispensabili per rafforzarne la consapevolezza e, quindi, l'autonomia decisionale, in risposta agli eccessi della medicina difensiva, ma anche ai temi del precariato e della discriminazione delle neomamme nel mondo del lavoro."
Il progetto sarà presentato oggi, all’interno di una Tavola Rotonda sui diritti delle donne nel percorso nascità alla quale parteciperanno: Romana Prosperi Porta (Presidente Ass.Il Melograno Roma), Virginia Giocoli e Carmen Rizzelli (Freedom for Birth Rome Action Group), Marta Bonafoni (Consigliera Regionale Lazio) e Gabriella Pacini (Ostetrica, Freedom for Birth Rome Action Group).
"Una delle principali linee d'azione che la nuova amministrazione regionale ha deciso di darsi è proprio quella della salute della donna. – dichiara in una nota Marta Bonafoni Consigliera Regionale del Lazio - Personalmente mi sono fatta promotrice di una proposta di legge, già depositata in Consiglio, che stabilisce “Norme per il parto a domicilio e nelle Case Maternità”. La proposta è stata frutto di un lavoro di condivisione e partecipazione che ho avuto con ostetriche, ginecologhe e giovani mamme per permettere alle donne e alle coppie del Lazio di poter decider dove partorire, in sicurezza. I luoghi della legge sono proprio le abitazioni private e le Case del Parto, la mia intenzione è quella di farne nascere in tutto il territorio regionale, di dotare innanzitutto le donne di una rete di cura e di sostegno adeguato, di fornire al parto a domicilio ed extra-ospedaliero, le giuste risorse. Nel frattempo il Presidente Zingaretti ha emanato un decreto ad hoc che stabilisce anche in questo caso le linee-guida per il parto a domicilio e la tariffazione per il rimborso della prestazione ostetrica extra-ospedaliera".
Lo Sportello legale Melograno Diritti offre informazioni e consulenze orali a titolo gratuito su: sui diritti delle donne nel percorso nascita (gravidanza, parto e post-partum); maternità e lavoro (astensione dal lavoro, congedi parentali, licenziamenti, mobbing, ecc.); casi di responsabilità medica, di violazione del diritto al consenso informato sui trattamenti medici, di trattamenti non rispettosi nelle strutture sanitarie o di violenza ostetrica.
Del pari gratuita è l'assistenza relativa a questioni di interesse collettivo, istanze di rimborso spese per il parto a domicilio, redazione del piano del parto.
Per i casi in cui sarà richiesta un'assistenza stragiudiziale o giudiziale specifica, saranno preventivamente concordate delle tariffe convenzionate, socialmente sostenibili.
Lo sportello legale sarà attivo:
tutti i lunedì dalle ore 10,00 alle ore 13,00 a partire dal 12 gennaio 2015.
Per accedere al servizio è necessario concordare un appuntamento telefonando al numero 06/70475606 o via mail all'indirizzo info@melogranoroma.org, con oggetto "Richiesta appuntamento Melograno Diritti".
Gli incontri si svolgeranno presso la sede del Melograno di Roma in Via Saturnia n. 4/a.

domenica 14 dicembre 2014

"LA PRESTAZIONE" VINCE UNA MENZIONE SPECIALE DELLA DIREZIONE ARTISTICA AL DOCSCIENT!

Oggi, siamo particolarmente liete ed orgogliose di annunciarvi che Il nostro cortometraggio: "La Prestazione. Sex like birth" ha meritato la menzione speciale della direzione artistica al Docscient International Scientific Film Festival 2014 con questa motivazione:

"Per la sorprendente capacità di porre interrogativi su alcuni inossidabili paradigmi scientifici utilizzando un artificio narrativo paradossale, geniale ed estremamente efficace"


A Roma, dal 4 dicembre 2014, si è tenuta la IV edizione del DocScient International Scientific Film Festival, festival internazionale del Documentario Scientifico delle Università e degli Enti di Ricerca.


   

Il nostro cortometraggio "La prestazione. Sex like birth", scritto da Gabriella Pacini, è stato presentato il 4 dicembre 2014 al DocScient fuori concorso.

(di seguito alcune immagini della proiezione avvenuta il 20 ottobre nel corso della "giornata Nazionale della Buona Nascita", presso la Città dell'Altra Economia di Roma, 
Il pubblico ha molto apprezzato)














Il Rome DocScient Festival è uno showcase di produzioni ad alto contenuto scientifico: dalla divulgazione scientifica, al documentario di intrattenimento, al materiale di archivio. Il festival è interessato a documentari divulgativi o di intrattenimento che hanno alla base una ricerca eseguita in qualsiasi disciplina, dalle scienze esatte a quelle umane, senza restrizioni relative a durata, anno di realizzazione, tematiche affrontate. L’iniziativa intende promuovere e rendere disponibile al pubblico produzioni documentaristiche realizzate da università, enti ricerca pubblici e privati, imprese ad elevato contenuto tecnologico e case di produzione, promuovendo il dialogo fra i soggetti interessati al fine di favorire la realizzazione di documentari di alta qualità ed elevato contenuto scientifico.





















Ecco l'elenco dei vincitori dell'edizione 2014:
http://www.docscient.it/rdf-2014-documentari-vincitori-winning-documentaries/

Il nostro cortometraggio "La prestazione. Sex like birth", scritto da Gabriella Pacini, è stato presentato al DocScient fuori concorso.
Ci onora particolarmente la motivazione della menzione speciale.

Un motivo in più per venire a vederlo!

Le prossime proiezioni saranno:
Lunedi, 15 dicembre 2014, ore 12.00 presso l'Aula Magna Ginecologia-Ostetricia del Policlinico Umberto I, nell'ambito del convegno "Che cos'è la violenza ostetrica" organizzato dalle studentesse e dagli studenti di Ostetricia"
Martedi, 16 dicembre 2014, ore 17.00, presso il Melograno di Roma, via Saturnia 4/a, in occasione della presentazione di MELOGRANO DIRITTI - Sportello Legale di Freedom for Birth Rome Action Group in collaborazione con Il Melograno di Roma.

Vi aspettiamo!
Cogliamo l'occasione per ringraziare tutte e tutti quell* che hanno lavorato gratuitamente alla realizzazione di "La Prestazione - Sex like birth":

Soggetto di Gabriella Pacini

Scritto e prodotto da Gabriella Pacini e Sarah McTeigue
Diretto da Alessandro Basaluzzo
Interpretato da: 

  • Davide Jacopini
  • Serena Foddis
  • Manuele Messineo
  • Gabriella Pacini

Fotografia Valentina Pascarella
Montaggio Sarah McTeigue
Assistente al montaggio Francesca Addonizio

Musiche originali Corrado Carosio e Pierangelo Fornaro
Aiuto regista Kiersten Miller
Segretario di Edizione Jonathan DemanScenografia Bianca Pezzati
Trucco e Parrucco Carla VincenzinoMontatore del suono Francesco VallocchiaOperatore di macchina Martina Cocco
Elettricista Sammy Paravan
Colorist Monica di SabatinoGrafic Designer Katie Roche
Vestito premaman grazie a The Milk Bar
Mezzi tecnici Scirocco CinematograficaGirato presso Casa Internazionale delle Donne di Roma

mercoledì 10 dicembre 2014

RADIOTERRANAVE CI INTERVISTA.


Radioterranave ci ha intervistate rispetto alla tematiche della Violenza Ostetrica.

Ospiti della puntata:
Gabriella Pacini, ostetrica di Freedom for Birth - RAG
Elis Viettone, giornalista freelance
Valentina Gazzaniga, docente di Storia della Medicina Università La Sapienza
Virginia Giocoli, avvocata di Freedom for Birth - RAG

Ringraziamo Marzia Coronati e Marco Stefanelli per l'attenzione verso un tema ancora troppo poco discusso.

Per ascoltare l'intervista clicca qui.

LA VIOLENZA NEL PARTO CHE VIENE DA LONTANO, TRA RITUALI E PATRIARCATO: NOI DONNE PUBBLICA UN ARTICOLO SUL NOSTRO EVENTO DEL 29 NOVEMBRE.

Ringraziamo la redazione di Noi Donne e la direttora Tiziana Bartolini, che hanno pubblicato un interessante resoconto dell'evento che abbiamo organizzato presso la Casa Internazionale delle Donne di Roma il 29 novembre.

Crediamo che contributi come questo siano molto importanti per alimentare il dibattito sul tema della violenza ostetrica, che in Italia è pressochè assente.

La pubblicazione su Noi Donne, storica rivista femminista, è simbolicamente importante e dimostra un rinnovato interesse per il tema dell'autodeterminazione delle donne nel percorso nascita ed in particolare al momento del parto.
Come movimento attivista riteniamo che la negazione dei diritti riproduttivi delle donne, sia che si parli di interruzione di gravidanza, di contraccezione, di fecondazione assistita, sia che si parli di percorso nascita, abbia una matrice comune che risiede nella funzione sociale di controllo che da sempre ed in differenti culture viene agita attraverso rituali di disciplinamento del corpo della donna.
 
 Per questo motivo riteniamo che la battaglia per l'autodeterminazione sia unica e che la lotta per il diritto di scelta nel percorso nascita debba essere affiancata a quella su IVG, contraccezione e PMA.

Clicca qui per leggere l'articolo su Noi Donne.

sabato 6 dicembre 2014

Il NICE in UK raccomanda il parto a casa o in casa maternità. Una decisione immorale?


Il celebre NICE (National Institute for Health and Care Excellence) in UK, ha pubblicato delle nuove linee guida in cui raccomanda il parto a casa, o in casa maternità, per le donne con una gravidanza fisiologica, definendo tale scelta come l'opzione più sicura per la salute di madre e persona che nasce in caso di gravidanze successive alla prima.

La notizia è stata ripresa da diverse testate in tutto il mondo. In un articolo apparso sul Guardian si legge che: Le nuove linee guida raccomandano di consigliare alle donne con gravidanze fisiologiche l'opzione parto a casa, o in casa maternità, come la più sicura per la salute di madre e bambino. Questo importante cambiamento nasce dalla constatazione che le donne assistite a casa da un'ostetrica presentano un numero minore di effetti avversi con un conseguente minore numero di interventi medici quali, solo per citarne alcuni: episiotomia, taglio cesareo, parti operativi con forcipe e ventosa.  

Secondo la Prof.ssa Susan Bewley (unità sanitaria complessa di ostetricia e ginecologia del King's College e responsabile del panel del NICE che ha elaborato le nuove linee guida)  anche l'incidenza delle infezioni si riduce notevolmente nel parto extra-ospedaliero "Noi - aggiunge - al di là di quelle che sono le evidenze scientifiche, pensiamo sia fondamentale sostenere il diritto delle donne alla libera scelta del luogo del parto. Le donne hanno il diritto di scegliere e di veder supportata la loro scelta". Dalle linee guida emerge che quasi la metà delle donne ha i requisiti necessari per il parto domiciliare, questo si potrebbe tradurre in migliaia di parti a casa nel prossimo futuro del Regno Unito."

Un articolo sul sito della BBC pronone un grafico molto chiaro:




  
Qui sopra un interessante video di un dibattitto trasmesso da SkyNews dal titolo "Where is the safest place to give birth?"

E in Italia?


 ancora nessuna dichiarazione sulla notizia da parte delle società scientifiche di ostetricia, ginecologia o neonatologia, che al contrario si erano espresse negativamente (ecco le dichiarazioni di SIN e SIGO) lo scorso maggio in occasione della delibera per il rimborso del parto a casa per la Regione Lazio (di cui abbiamo parlato qui). 

Noi del movimento Freedom for Birth-RAG pensiamo che queste nuove linee guida rappresentino un importante riconoscimento della libertà di scelta delle donne. 

Vogliamo segnalare che il Prof. Savulescu, bioeticista di Oxford, in un recente articolo, scritto con de Crespigny, accusava le donne che sceglievano il parto a casa di essere immorali, in nome di una presunta maggior pericolosità di tale scelta. Oggi il NICE non solo smentisce tale presunta maggiore pericolosità del parto in casa rispetto a quello ospedaliero, ma definisce questa opzione come la scelta più sicura per madre e persona che nasce.

Noi vogliamo prendere le distanze da questo tipo di atteggiamento, altrimenti dovremmo, paradossalmente, seguendo il ragionamento di Savulescu, considerare immorali le donne che, avendo già partorito, preferiscano partorire in ospedale anche il secondo figlio, esponendolo così ad un rischio più alto. 


Questo atteggiamento, giudicante, paternalistico e oppressivo, non tiene conto di dell'importanza del riconoscimento del diritto della donne di decidere come e dove partorire. 

Diritto che, in un'esperienza come quella del parto, che molte donne considerano fondante, non può essere in nessun modo considerato marginale, ma al contrario rappresenta il riconoscimento della soggettività delle donne e delle loro competenze e capacità di autodeterminarsi.

Con questo noi di FFB-RAG non vogliamo sostenere che il parto in casa o in casa maternità, assistito dalle ostetriche, sia il migliore dei parti possibili, non proponiamo alcun modello di parto.
Ribadiamo ancora una volta che la possibilità di fare scelte libere e informate è un fondamentale determinate della salute delle persone (come affermato più volte dall'OMS nella Carta di Ottawa o nel recente statement contro l'abuso e la mancanza di rispetto sulle donne al momento del parto nelle strutture sanitarie) oltre che un diritto umano fondamentale (come peraltro sancito dalla Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo).

Per questo motivo, sia che una donna scelga di partorire in casa, assistita dalle ostetriche, sia che scelga di partorire in ospedale, noi rispettiamo la sua scelta e ci battiamo affinchè possa compierla liberamente.

Condividiamo pienamente le parole della già citata Prof.ssa Susan Bewley, responsabile del gruppo che ha emanato le nuove linee guida: "Non c'è un solo modello taglia unica di parto che sia adatto per tutte le donne (...) alcune donne potrebbero preferire di far nascere il proprio bimbo/a a casa o in una casa maternità perchè questi luoghi sono generalmente più sicuri, questo è un loro diritto e devono essere supportate in questa scelta, Ma se una donna preferisse far nascere il proprio/a bambino/a in un ospedale perchè questo la fa sentire più sicura, anche questo è un suo diritto."


mercoledì 3 dicembre 2014

LA PRESTAZIONE AL DOCSCIENT FESTIVAL 2014

La Prestazione, Il cortometraggio di FFB-RAG, partecipa fuori concorso al IV° Festival Internazionale del Documentario Scientifico delle Università e degli Enti Ricerca
Il ROME DOCSCIENT FESTIVAL è uno showcase di produzioni ad alto contenuto scientifico in cui vengono 
proiettati documentari divulgativi o di intrattenimento che hanno alla base una ricerca eseguita in qualsiasi disciplina, dalle scienze esatte a quelle umane, senza restrizioni relative alle tematiche affrontate. L’iniziativa intende promuovere e rendere disponibile al pubblico produzioni documentaristiche realizzate contribuendosi così alla diffusione di un dialogo fra i soggetti interessati al fine di favorire la realizzazione di documentari di alta qualità ed elevato contenuto scientifico.
Organizzato con la partecipazione della Regione Lazio, l'Università degli Studi di Roma La Sapienza, Roma Tre, dipartimento di Biologia, l'ISPRA, L'ENEA, l'ISS, e il Consiglio Nazionale per le Ricerche e altri enti di ricerca ancora.

giovedì 27 novembre 2014

PERCHÈ CHIEDIAMO IL RICONOSCIMENTO CULTURALE, SOCIALE E NORMATIVO DELLA VIOLENZA OSTETRICA.


Freedom for Birth Rome Action Group chiede il riconoscimento culturale, sociale e normativo della VIOLENZA OSTETRICA.

Come ormai sanno coloro che ci seguono e ci sostengono nella rivendicazione dell'autodeterminazione e della libertà di scelta della donna sulla propria salute riproduttiva e, in particolare, nel percorso nascita, il nostro impegno è finalizzato, tra l'altro, al riconoscimento della violenza ostetrica, sia da un punto di vista socio-culturale che normativo, come primo passo per la sua delegittimazione e per la sua eliminazione.

In vista di questo obiettivo, siamo attive sia con iniziative finalizzate alla diffusione di informazioni ed al sostegno di processi di empowerment nelle donne, con momenti di confronto, con iniziative di sensibilizzazione,
  
sia alimentando un dibattito ed una riflessione, del tutto nuova nel panorama italiano, incentrata sulle cause e sulle motivazioni all'origine della violenza nel parto, che resta a tutt'oggi un vero tabù. Il nostro impegno si snoda anche sul piano pratico, attraverso sportelli di assistenza ostetrica, psicologica e legale.

Riteniamo imprescindibile, quando si parla di violenza contro le donne, parlare di violenza ostetrica.
Così, anche nella settimana in cui ricorre la giornata mondiale contro la violenza sulle donne, vogliamo ribadire le nostre rivendicazioni, nella convinzione e consapevolezza che ci si deve mobilitare non solo un giorno all'anno o sotto la luce dei riflettori, come crediamo di dimostrare attraverso il nostro impegno costante.
Noi chiediamo che lo Stato e le Regioni riconoscano  la violenza ostetrica quale grave violazione dei diritti umani delle donne in materia di salute riproduttiva e che si impegnino, su tutti i fronti ed in primis con la prevenzione, a contrastarla.
Crediamo, infatti, sia fondamentale una codificazione normativa di questo silenzioso fenomeno, non tanto per la necessità che venga individuata una specifica ipotesi di reato, atteso che nel nostro ordinamento esistono già norme penali da invocare per punire gli abusi sul corpo della donna, quanto, piuttosto, perché ci sembra doveroso, in una società civile, che venga a chiare lettere definita e deplorata questa, così come ogni altra, forma di maltrattamento e di mancanza di rispetto nei confronti della donna.

Chiediamo, anche, che le strutture sanitarie e gli operatori sanitari coinvolti nei percorsi nascita e della salute della donna rivisitino i protocolli, i primi, e le proprie coscienze, i secondi, uniformando gli uni e le altre al più profondo ed integrale rispetto dei diritti e delle scelte delle donne e adeguandoli alle evidenze mediche ed alle dichiarazioni e raccomandazioni degli organismi internazionali sulla salute.

Ci sembra a questo punto importante offrire una pur rapida analisi comparata sul tema della violenza ostetrica, ricordando le leggi dei Paesi che, unici finora, l'hanno codificata: Venezuela, Argentina, Messico.
In Venezuela, nel 2007, l’Assemblea Nazionale ha approvato all’unanimità, e con il grande appoggio di donne delle organizzazioni politiche, accademiche e professionali, una legge quadro sul diritto delle donne a vivere una vita libera dalla violenza. Alla seduta hanno partecipato più di 4000 donne di tutti i settori sociali e politici. La Legge del 16 marzo 2007 "Léy organicasobre el derecho de las mujeres a una vida libre de violencia", identifica 19 forme di violenza contro le donne: psicologica, fisica, domestica, sessuale, lavorativa, patrimoniale ed economica, ostetrica, istituzionale, simbolica; inoltre la sterilizzazione forzata, il traffico e la tratta, le molestie, lo stupro, la prostituzione forzata, la schiavitù sessuale.
In particolare, al punto 13 dell'articolo 15, così si definisce la violenza ostetrica "Se entiende por violencia obstétrica la apropiación del cuerpo y procesos reproductivos de las mujeres por personal de salud, que se expresa en un trato  deshumanizador, en un abuso de medicalización y patologización de los procesos naturales, trayendo consigo pérdida de autonomía y capacidad de decidir libremente sobre sus cuerpos y sexualidad, impactando negativamente en la calidad de vida de las mujeres" (Si intende per violenza ostetrica l'appropriazione del corpo e dei processi riproduttivi delle donne da parte del personale medico, che si traduce in un trattamento disumano, in un eccesso di medicalizzazione e patologizzazione dei processi naturali, comportando la perdita di autonomia e di capacità di decidere liberamente sul proprio corpo e sulla propria sessualità, impattando negativamente sulla  qualità di vita delle donne).

Nello stesso provvedimento, all'articolo 51, sono esemplificati atti e comportamenti che integrano una violenza ostetrica: l’attenzione intempestiva e inefficace nelle emergenze ostetriche; forzare la donna a partorire in posizione supina, con le gambe sollevate, quando i mezzi necessari per svolgere un parto verticale sono disponibili; impedire il contatto/attacco iniziale del bambino con sua madre senza una causa medica impedendo così l’attaccamento precoce e allattamento al seno immediatamente dopo la nascita; modificare il naturale processo di nascita a basso rischio, utilizzando tecniche di accelerazione, senza ottenere prima il consenso volontario, esplicito e informato della donna; l'esecuzione di taglio cesareo quando il parto naturale è possibile, senza ottenere il consenso volontario, esplicito e informato da parte della donna.
La violenza ostetrica si esplica quindi attraverso la messa in atto, da parte del personale sanitario, di un’assistenza inefficace e di interventi medici non necessari e non acconsentiti dalla donna stessa, durante il travaglio e il parto.
Queste condotte sono considerate un reato, multato con una sanzione pecuniaria e con l’avvio di un procedimento disciplinare a carico del sanitario che le agisce.

La legge venezuelana, quindi, non solo riconosce la violenza ostetrica, la definisce e la rende visibile, la condanna e ne delegittima il ricorso ma, soprattutto, mette la donna al centro del percorso nascita e ne legittima il ruolo di protagonista. Mette al centro la persona e la sua soggettività, il diritto di ogni donna di ricevere un’assistenza rispettosa che non violi la sua dignità, la sua integrità e la sua scelta volontaria, libera, informata sul proprio corpo; la donna è ritenuta quindi assolutamente capace di intendere e volere - e, purtroppo, non è un dato scontato - e di esercitare il diritto di scelta anche in sala parto.
In Argentina, similmente al Venezuela, la Legge 26.485 del 1° aprile 2009 "Ley de protección integral para prevenir, sancionar y erradicar la violencia contralas mujeres en los ámbitos en que desarrollen sus relacion interpersonales" (Legge di protezione integrale per prevenire, sanzionare ed eliminare la violenza contro le donne negli ambiti in cui si svolgono le sue relazioni interpersonali), all'articolo 6, si definiscono sei forme di violenza: violenza domestica, violenza istituzionale, violenza in ambito lavorativo, violenza contro la libertà riproduttiva, violenza mediatica e violenza ostetrica.
In particolare, la violenza ostetrica è così delineata "e) Violencia obstétrica: aquella que ejerce el personal de salud sobre el cuerpo y los procesos reproductivos de las mujeres, expresada en un trato deshumanizado, un abuso de medicalización y patologización de los procesos naturales, de conformidad con la Ley 25.929" (Violenza ostetrica: quella esercitata dal personale sanitario sul corpo e sui processi riproduttivi delle donne, che si traduce in un trattamento disumano, un eccesso di medicalizzazione e patologizzazione dei processi naturali, in conformità con la Legge 25.929).
A sua volta, la Legge n. 25.929 sui "Derechos de Padres e Hijos durante el Proceso de Nacimiento. Declaración de Interés delSistema Nacional de Información Mujer, por parte del Senado de la Nación. Declaración sobre difusión del Parto Humanizado" (Diritti dei genitori e dei figli durante il percorso nascita), indirizzata tanto al sistema sanitario pubblico che a quello privato, riconosce alla donna, durante tutto il percorso nascita (gravidanza, travaglio di parto, parto e post-partum), il diritto ad essere informata su ogni intervento medico che possa aver luogo durante tutto il percorso nascita, in modo che possa scegliere liberamente tra le diverse alternative; il diritto ad esser trattata con rispetto, in modo personalizzato, che garantisca l'intimità durante tutto il processo assistenziale e tenga in considerazione la sua cultura; il diritto ad esser considerata come persona sana, in modo che se ne faciliti la sua partecipazione come protagonista del suo proprio parto; il diritto ad un parto naturale, rispettoso dei tempi biologici e psicologici, senza pratiche invasive e somministrazione di farmaci non giustificata dallo stato di salute della donna partoriente o del nascituro; il diritto ad essere informata su ogni evoluzione del suo parto, dello stato di suo figlio o sua figlia, e in generale, ad essere resa partecipe delle varie azioni dei professionisti; il diritto a non essere sottoposta a nessun esame  o intervento esplorativo, salvo consenso scritto; ad avere accanto a sé un persona di sua fiducia durante il travaglio, il parto e il postpartum; a tenere accanto a sé sua figlia o suo figlio durante la permanenza in ospedale, salvo che il nascituro non richieda cure speciali; ad essere informata, dall'inizio della gravidanza, sui benefici dell'allattamento materno ed a ricevere sostegno per iniziare ad allattare, a ricevere consigli e informazioni per la cura di se stessa e di sua figlia o suo figlio, ad essere informata specificamente sugli effetti collaterali del tabacco, dell'alcol e delle droghe sulla bambina o sul bambino e su se stessa.
In Messico, infine, il 30 aprile 2014, il Senato ha apportato modifiche ed integrazioni alle proprie leggi nazionali sulla violenza contro le donne, introducendo l'ipotesi della violenza ostetrica.
In particolare, l'articolo 6 della Ley General de Acceso a una Vida Libre de Violencia, la violenza ostetrica è definita come "toda acción u omisión por parte del personal médico y de salud que dañe, lastime, denigre o cause la muerte a la mujer durante el embarazo, parto y puerperio" (ogni azione o omissione da parte del personale medico e sanitario che danneggia, ferisca, denigri o causi la morte della donna, durante la gravidanza, il parto o il puerpuerio).
L'articolo 5 della Ley de acceso de las mujeres auna vida libre de violencia para el Estado Guanajuato, riprendendo la stessa definizione vi comprende anche la negligenza nell'assistenza medica.
L'articolo 7 della Ley de acceso de las mujeres auna vida libre de violencia para el Estado de Veracruz de Ignazcio de La Llave, e l'articolo 6 della Ley de acceso de las mujeres a una vida libre de violencia para el Estado de Chiapas, così recitano "Apropiación del cuerpo y procesos reproductivos de las mujeres por personal de salud, que se expresa en un trato  deshumanizador, en un abuso de medicalización y patologización de los procesos naturales, trayendo consigo pérdida de autonomía y capacidad de decidir libremente sobre sus cuerpos y sexualidad; se consideran como tal, omitir la atención oportuna y eficaz de las emergencias obstétricas, obligar a la mujer a parir en posición supina y con las piernas levantadas, existiendo los medios necesarios para la realización del parto vertical, obstaculizar el apego precoz del niño o niña con su madre sin causa médica justificada, negándole la posibilidad de cargarlo y amamantarlo inmediatamente después de nacer, alterar el proceso natural del parto de bajo riesgo, mediante el uso de técnicas de aceleración, sin obtener el consentimiento voluntario, expreso e informado de la mujer y practicar el parto por vía de cesárea, existiendo condiciones para el parto natural, sin obtener el consentimiento voluntario, expreso e informado de la mujer (L'appropriazione del corpo e dei processi riproduttivi delle donne da parte del personale sanitario, che si traduce in un trattamento disumano, in un eccesso di medicalizzazione e patologizzazione dei processi naturali, causando la perdita di autonomia e di capacità di decidere liberamente del proprio corpo e della sessualità; si considerano come tale omettere la cura tempestiva ed efficace delle emergenze ostetriche, costringere le donne a partorire in posizione supina e con le gambe sollevate, avendo i mezzi necessari per partorire in verticale, ostacolare l'attaccamento precoce del bambino o bambina con sua madre senza una causa medica giustificata, negandole la possibilità di accudirlo e di allattarlo subito dopo la nascita, alterare il processo naturale del parto a basso rischio, mediante l'utilizzo di tecniche di induzione, senza ottenere il consenso volontario, espresso e informato della donna e praticare il taglio cesareo esistendo condizioni per il parto naturale, senza ottenere il consenso volontario, espresso e informato della donna).
Quelle appena sopra ricordate ci sembrano davvero normative centrate sul rispetto della donna, del suo corpo e della sua dignità, sulla promozione della fisiologia, sul riconoscimento del diritto di autodeterminazione sulla salute riproduttiva; normative che affermano il primato della donna e che recepiscono l'importanza di un sistema di salute che, da un lato, riconosca alla donna la sua individualità e la sua competenza decisionale e, dall'altro, le garantiscano sostegno, rispetto, trasmissione di informazioni corrette ed esaustive

Ci sembrano, quindi, leggi realmente basate su un autentico approccio di promozione della salute, secondo il quale la salute è non già l'assenza di malattia, ma il benessere della persona, per il cui raggiungimento è determinante la valorizzazione della capacità di prendere decisioni e di assumere il controllo delle circostanze della propria vita, così come ci insegna l'OMS nella Carta di Ottawa del 1986.
Leggi, quelle venezuelana, argentina e messicana, che, senza cadere nella trappola ideologizzante di una capziosa visione dicotomica che vede contrapposti modello biomedico/approccio naturalista, hanno correttamente e coraggiosamente saputo stigmatizzare l'eccesso di medicalizzazione, inteso quale applicazione di procedure mediche non necessarie e non acconsentite, correlandolo ad una arbitraria, ingiustificata e, quindi, abusiva alterazione dei processi fisiologici. Leggi che, inoltre, hanno saputo recepire appieno le Raccomandazioni dell’OMS del 1985, imponendo la tutela della relazione madre-neonato e indicando come illecita la separazione madre-figlio/a senza valide indicazioni mediche. Tutte le evidenze scientifiche infatti sottolineano l'importanza fondamentale del contatto subitaneo pelle-pelle tra madre e figlia/o e l’attaccamento al seno nelle prime due ore dalla nascita, per l’avvio dell’allattamento, l’instaurarsi della relazione affettiva di attaccamento e per il benessere psicologico e fisico di entrambi.
Non meno importante, poi, è che le stesse leggi prevedano specifici obblighi istituzionali, delineino meccanismi di denuncia delle violenze accessibili alle donne, istituiscano organismi di controllo e di monitoraggio sullo stato di attuazione e sul rispetto delle disposizioni normative stesse, nonché organismi di tutela con specifica formazione di genere, strumenti ed accorgimenti indispensabili per rendere effettivi i diritti formalmente riconosciuti.

E in Italia?

In Italia  - Paese che non ha ancora attuato la Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e si è limitato ad approvare una legge sul femminicidio dal carattere spiccatamente emergenziale e securitario -, manca del tutto il riconoscimento normativo della violenza ostetrica tra le forme di violenza contro le donne.
Solo in alcune Regioni troviamo normative sul percorso nascita e sulla tutela della dimensione psico-affettiva del parto (si veda, ad esempio, la Legge Regione Lazio n. 84/1985), le quali, tuttavia, restano del tutto inattuate e vengono quotidianamente frustrate da prassi ospedaliere che si sostanziano in profondi, sottaciuti, subdoli maltrattamenti verso le donne e abusi sui loro corpi.
In Italia, i protocolli ospedalieri sono molto spesso lontani dalla messa in pratica di trattamenti umani e rispettosi del corpo della donna, alla quale sono frequentemente disconosciute le più basilari, comprensibili esigenze, come quella di avere accanto a sé una persona di fiducia o quella di bere, mangiare o muoversi durante il travaglio oppure quella di ricercare la miglior posizione per il proprio partorire.
In Italia, gli ospedali amici dei bambini secondo le direttive OMS - Unicef sono una assoluta rarità, mentre è consuetudine pressoché generalizzata quella della somministrazione di soluzioni glucosate, così come quasi del tutto assente il sostegno alle donne, soprattutto se cesarizzate, per l'inizio dell'allattamento. Davvero pochi gli ospedali in cui si riconosce fattivamente l'importanza dell'immediato contatto pelle a pelle tra mamma e neonata/o e si articolano procedure (ivi compresa la prima visita pediatrica al neonato/a) per garantire questo contatto. Persino negli ospedali che attuano il cosiddetto rooming-in, è abitudine "prelevare" tutti i neonati e le neonate del reparto per portarle/i a visita dal pediatra ospedaliero tutte/i insieme e  riportarle/i dalle loro mamme solo a chiusura del turno di visite (con ore e ore di stazionamento nei nidi e pianti inconsolati se non a suon di soluzioni glucosate).
In Italia, come ci raccontano le donne che incontriamo, molte strutture ospedaliere pubblicizzano la possibilità di scelta per la donna di un parto attivo (ma, poi, ci chiediamo: per quanto ancora si vuole alimentare l'idea "medicocentrica" di un parto "passivo", in cui è il sanitario che "fa partorire" e non la donna che partorisce?), salvo poi imporre seccamente la posizione supina alla donna, giustificata con un "su, signora, si metta sdraiata sul lettino, che altrimenti ci sporca ilpavimento". 
Da noi, gli abusi sul corpo delle donne in sala parto sono una routine: interventi medici non necessari e non acconsentiti, praticati persino in contrasto con le indicazioni dei protocolli medici internazionalmente riconosciuti (pensiamo agli alti tassi di episiotomia, che secondo una Indagine Conoscitiva sul Percorso Nascita del 2002, si stima essere eseguita nel 70% circa dei parti; pensiamo alla manovra di Kristeller, neppure indicata nelle Sdo e nei Cedap; al monitoraggio del battito cardiaco fetale continuo, che costringe la donna a restare legata ad un apparecchio, ecc.). Per non parlare dei tagli cesarei, per i quali l'Italia ha un tasso medio vicino al 40% tra i più alti al mondo (secondo solo alla Grecia in Europa) e che ci offre una evidenza palmare di come in Italia si sia ben lontani da una cultura della fisiologia e della scelta libera ed informata.
Siamo ben lontani, è evidente, da un sistema di promozione della salute della donna nell'accezione sopra ricordata, basato sul rispetto dei suoi diritti personali e inviolabili e l'Italia, con il suo modello di assistenza  paternalistico e irrispettoso, è certamente un destinatario elettivo della recente Dichiarazione dell'OMS sulla "La prevenzione e l'eliminazione della mancanza di rispetto e dei maltrattamenti durante il parto nelle strutture sanitarie" (di cui abbiamo parlato qui), documento in cui l’OMS denuncia la diffusione in tutto il mondo di pratiche assistenziali non rispettose, abusanti e violente, ne sottolinea i rischi e gli effetti negativi sulle donne e i loro figli e figlie e chiama all’azione diversi soggetti, tra cui Governi e Parlamenti, affinché il fenomeno della violenza ostetrica venga riconosciuto, studiato, contrastato ed eliminato.
E, tuttavia, a fronte di questo vuoto, normativo e socio-culturale, si rinsalda ancor di più la nostra richiesta di un riconoscimento, culturale oltre che giuridico, della violenza ostetrica, della quale proponiamo una definizione, mutuata dalla Legge del Venezuela ed elaborata alla luce della già ricordata Dichiarazione OMS del 2014, auspicando che le disposizioni di legge sulla violenza contro le donne, nazionale e regionali, vengano integrate, con essa e con la previsione di meccanismi di controllo, denuncia e risarcimento accessibili:
"violenza ostetrica: l'appropriazione dei processi riproduttivi del corpo delle donne da parte di personale sanitario, la trasformazione, nell’ambito del percorso nascita, dei processi fisiologici in processi patologici, la frustrazione dell’autonomia e dell’autodeterminazione della donna in ordine al proprio corpo ed alla propria sessualità. Costituiscono violenza ostetrica, a titolo esemplificativo: una situazione in cui la donna, durante la gravidanza, il travaglio ed il parto, non è assistita opportunamente edefficacemente o non riceve l’assistenza necessaria in ragione delle proprie scelte, della propria cultura e della propria dignità, ovvero non riceve i trattamenti di analgesia farmacologica o non farmacologica che eventualmente ella richieda; vengono praticati atti medici non necessari o vengono somministrati farmaci non necessari, in contrasto con le linee guida internazionali e con le evidenze scientifiche o, comunque, non consapevolmente acconsentiti dalla donna; è obbligata a partorire in posizione supina o comunque in posizione imposta dal personale sanitario; le viene negata la possibilità di vedere il suo bambino appena nato e, se lo desidera, di tenerlo con sé continuativamente durante la degenza; le viene impedito di bere e mangiare durante il travaglio e il parto; viene alterato il procedimento fisiologico del parto e viene praticato un cesareo inutile o privo di indicazioni cliniche. Costituisce altresì violenza ostetrica negare, rendere gravoso od ostacolare, con condotte attive od omissive, il diritto della donna di scegliere sulla propria salute riproduttiva, di interrompere la gravidanza o di ricorrere alla contraccezione di emergenza e non".
N.B.: Le traduzioni dei testi normativi sopra richiamati sono state realizzate dalle attiviste volontarie di FFB RAG a  titolo gratuito e non costituiscono traduzioni ufficiali.