"RACCONTA IL TUO PARTO" E' UN PUNTO DI RACCOLTA DEI RACCONTI SUL PROPRIO PARTO CHE LE DONNE VORRANNO INVIARCI.
UNO SPAZIO DI CONDIVISIONE E DI CONFRONTO, DI ASCOLTO E ACCOGLIENZA, ANCHE UNA TESTIMONIANZA E UNA DENUNCIA DI QUELLO CHE NON VOGLIAMO PIU' SUBIRE DURANTE IL PERCORSO NASCITA.
UNO SPAZIO DI CONDIVISIONE E DI CONFRONTO, DI ASCOLTO E ACCOGLIENZA, ANCHE UNA TESTIMONIANZA E UNA DENUNCIA DI QUELLO CHE NON VOGLIAMO PIU' SUBIRE DURANTE IL PERCORSO NASCITA.
"Il mio parto non è stato come lo volevo"
"l'utero è mio e lo gestisco io" dicevano alcuni anni fa le Donne che ho tanto amato, l'ho sempre pensato non solo per quel che riguarda il parto ma per tutta la vita sessuale di un essere umano. Ero però convinta che, nel 2015, fosse ormai solo uno slogan e non che realmente la situazione fosse regredita a quando le libertà erano solo un'idea.
Il mio parto non è stato come lo volevo, lo ammetto me ne sono accorta dal primo momento in cui il ginecologo e l'ostetrica hanno pronunciato la parola taglio cesareo, ma si sà una donna in travaglio è molto vulnerabile e così ora sono ancora qui a chiedermi a come sarebbe stato se......
La mia gravidanza è stata fortemente voluta e sofferta, sono poliabortiva, quindi è sempre stata considerata come una gravidanza preziosa (termine che odio, anche le gravidanze più semplici sono preziose!) ma in fin dei conti è stata una gravidanza fisiologica, ho sempre pensato al parto come natura vuole e la bimba collaborava bene si è messa molto presto in posizione cefalica io ero pronta e felice per l'imminente arrivo.
Poi a 40+3 giorni si sono rotte le acque alle 5 di mattina, siamo andati con calma in ospedale, mi fidavo di quella struttura e sapevo che c'era grande attenzione al parto naturale e all'allattamento e (in caso ci fossero stati problemi) ci sono ottimi ginecologi e uno dei migliori reparti di neonatologia di Roma (Che non serve ma se serve....) insomma mi sentivo di aver fatto la scelta migliore per me e per la bimba. Arrivo in pronto soccorso, la mia ginecologa è in ferie poco male mi fido di tutti lì, mi ricoverano e nel tardo pomeriggio cominciano le contrazioni regolari e spontanee (senza nessun aiutino chimico) la sera alle 22 aumentano di intensità e sono ogni 4 minuti.
La mia felicità era ai massimi livelli, ovviamente per l'arrivo della bimba, ma anche perché mi sembrava che il travaglio stesse procedendo bene per essere una primipara (memore delle 17 ore di travaglio di mia madre - nello stesso ospedale - dove hanno fatto di tutto per non farle un cesareo e alla fine ha avuto il suo parto naturale), continuo a fare avanti e indietro dal reparto alla sala travaglio dove mi fanno monitoraggi e visite durante le contrazioni, perdo un po' di sangue mi dicono che è normale (io non so quanto sia normale è tutto nuovo per me), in poco tempo (almeno a me è sembrato poco ma evidentemente non lo era) sono passata da ampiamente pervia al dito e collo appianato al 50% a 3 cm e mezzo di dilatazione e collo prima all'80% e quasi accorciato del tutto dopo (così c'è scritto sulla cartella clinica), intanto si sono fatte le 2 di notte. Ad un certo punto l'ostetrica parla di Distocia e decelerazioni di battito della bimba e lei stessa spinge per fare un cesareo. In sala operatoria devo dire che sono tutti bravissimi a partire dall'anestesista che consiglia anche al ginecologo di aspettare a tagliare il cordone e farlo pulsare fino all'ultimo, il ginecologo di turno ha fatto un ottimo lavoro (ma su questo non avevo dubbi). La bimba è nata alle 4 di mattina (dopo neanche 24 ore dalla rottura delle acque), mi hanno detto che aveva due giri di cordone intorno al collo (ma non credo questo sia un ostacolo al parto naturale).
Adesso NON mi arrogo assolutamente il diritto di dire che il cesareo non fosse necessario perché probabilmente se è stata l'ostetrica a chiederlo c'era qualcosa che non andava nel battito della bambina, e se necessario benvenuto cesareo!!!
L'assistenza post operatoria è stata penosa, nessuno mi ha aiutato ad alzarmi dal letto, la bimba l'ho vista solo 1 minuto appena nata e poi dopo 10 ore dal parto, l'allattamento per fortuna è andato alla grande (allatto ancora e la bimba ha 8 mesi) ma non per merito dell'assistenza avuta in ospedale!!
il problema che mi pongo è già per il prossimo parto, voglio con tutte le mie forze provare un parto naturale e mi sembra già che la strada sarà piena di ostacoli, che sentirò sempre le continue battutine ("vuoi rischiare la vita tu e tuo figlio?!", " se si rompe l'utero"...) e sarò costretta ad andare nell'unico ospedale di Roma dove se chiedi un vbac non ti prendono per pazza esaltata.....
Irene
IL PARTO DI R.
Alle 19.00 di sera inizio a
sentire un dolore ai reni e poi via via contrazioni basse all’utero. Ho subito
capito. Ho fatto 4 mesi di corso e mi hanno detto quali possono essere i
segnali, gli avvisi… Sto per entrare in travaglio e per partorire. Per
conoscere mio figlio! Che bello non vedo l’ora! Sono alla 40° settimana più 5
giorni!
Ho deciso che avrei aspettato ad
andare in ospedale, che mi sarei fatta una doccia calda (magari è un falso
travaglio!) , che avrei cenato con il mio compagno e poi saremmo andati in
clinica.
Ho fatto la doccia, ho stirato
persino i capelli forti e lunghi della gravidanza. E’ un giorno importante! E’
l’incontro più entusiasmante della mia vita. Sono molto emozionata e quasi
incredula. Sembrava non arrivasse mai!
Dopo la cena, avevo contrazioni
ogni 10 minuti e piccole perdite di liquido un po’ rossastro.
Alle 23 andiamo in clinica. Una
clinica convenzionata scelta perché hanno il rooming in e hanno intrapreso
il percorso per essere certificati come “Ospedale Amico del Bambino”. E’ quello
che desidero per me e il mio bimbo, poterlo mettere sul mio corpo subito dopo
la nascita, guadarci e provare l’attaccamento al seno.
Arrivata al PS, un’ostetrica mi
visita e mi dice che si sono rotte le acque e che sono in pieno e avviato
travaglio. Mi accompagnano in una stanza con due letti. Mio marito non può
salire e non può restare con me durante il travaglio. Potrà entrare solo in
sala parto.
Nella stanza con me c’è un’altra
donna a cui hanno appena iniziato a indurre il parto con le prostaglandine.
Siamo io e lei, sole. Mi sento tranquilla, so quello che sta accadendo, mi sono
informata e mi sento preparata, pronta. Respiro, mi muovo, assumo posizioni che
mi danno sollievo al dolore, respiro e respiro, mi siedo sotto la doccia calda.
Le ostetriche vengono solo due volte a vedere se va tutto bene e a visitarmi ma
c’è un sostanziale distacco e
disinteresse. Si limitano a constatare ciò che accade da un punto di vista
medico. Nessun tipo di vicinanza o accompagnamento, nessuna parola gentile o di
accoglienza…
Poi mi dicono di scendere in sala
parto “così qualsiasi cosa accade siamo
già lì”. Questa frase mi lascia perplessa e non so se sentirmi rassicurata
o se al contrario mi allarma…
In sala parto, mi dicono di
sdraiarmi sul lettino e mi attaccano il monitoraggio. Va tutto bene. Se ne
vanno e mi lasciano lì da sola. Faccio fatica a ricordare per quanto tempo. Le
contrazioni erano aumentate di intensità, dolore e frequenza. Sono sempre
sdraiata col monitoraggio e quindi nell’impossibilità di muovermi o di
posizionarmi diversamente. Due o tre
ostetriche vanno e vengono e quando arrivano mi visitavano: “c’è ancora una lunetta che non si dilata”;
“la testa del bimbo si sente ma ancora
non scende”; “non sente come se
avesse lo stimolo di fare la cacca?”. Tutto questo in una sala
illuminatissima e io sempre in quella medesima posizione!
Durante la gravidanza immaginavo
di fare un parto con liane africane, sedie svedesi o in acqua con il mio
compagno accanto, luci soffuse e musica di sottofondo. Avevo letto che
un’atmosfera accogliente e protettiva avrebbe potuto facilitare il parto. Avevo
anche visitato la Casa del Parto Acqua
Luce di Ostia…ma le ostetriche erano in agitazione e non era garantito il
servizio.
E ora invece mi ritrovavo lì, per
mia scelta comunque, sdraiata, con il monitoraggio attaccato, senza possibilità
di muovermi e senza il mio compagno, con ostetriche sconosciute e distaccate che
andavano e venivano….
E niente, credo di avere iniziato ad avere paura. Paura
del dolore. Paura di non riuscire a gestirlo, di non tollerarlo. Non quello che
stavo vivendo in quel momento, che arrivava forte e poi scompariva e poi di
nuovo ritornava, che stavo gestendo e sopportando ma quello che sarebbe
arrivato di lì a poco. Chiedo quindi alla giovane ostetrica di farmi
l’epidurale. Lei mi dice che sono arrivata a 8-9 cm e mi chiede se sono proprio
sicura. Era la prima comunicazione incoraggiante! 8-9 cm c’ero quasi…Nonostante
questo, ho detto che la volevo. Arriva l’anestesista e mi fa l’epidurale, poi
entra mio marito. Nell’arco di un quarto d’ora il monitoraggio segnala una
decelarazione cardiaca del bambino che sta per nascere (ho letto solo dopo il
parto che in una piccola percentuale di casi l’epidurale può avere conseguenze
di questo tipo).
C’è un momento di forte
concitazione e mi dicono che stanno per farmi un taglio cesareo. Io ricordo il
terrore di perdere mio figlio, la paura che morisse e di aver detto: “tiratelo fuori!” . Poi mi hanno sedata.
Quando mi sveglio, sono sul
lettino e mi ricuciono. Non ho visto uscire mio figlio dalla mia pancia né ho
sentito i suoi primi vagiti. Non so nulla, neanche se è nato vivo. Chiedo dov’è
e mi rispondono “in braccio al papà”.
Sono frastornata e ho voglia di vederlo. Dalla sala parto mi portano in un
corridoio dove c’è l’ascensore per salire al piano della mia camera. Mi passa
accanto e un’ostetrica con mio figlio in braccio e me lo mostra
frettolosamente. Deve portarlo al nido. Chiedo e anche il mio compagno lo fa,
di darmelo per farmelo almeno vedere! Mi sembra assurdo che non lo faccia! Vuole
farmelo toccare e guardare?!’ Ma che umanità è questa? Che formazione
professionale hanno questi operatori? C’è stato un intervento urgente e ho
avuto il terrore di perdere il mio bambino, vuole chiedermi se ho voglia e
bisogno di tenerlo tra le braccia?
Mio figlio è avvolto in un panno
e anche io sono vestita. Me lo poggiano addosso e lui con gli occhietti aperti
mi fissa…dopo pochissimi minuti me lo porta via. Vengo portata nella mia stanza
e nonostante chieda più volte di portarmi il bambino questo non avviene.
Ho passato l’intera notte sveglia
in preda all’angoscia, ai tremori dell’anestesia che andava via, al dolore di
non poter stare con il mio piccolo bambino e che lui non potesse stare
attaccato alla sua mamma, con la paura di non riconoscerlo, che non mi
piacesse. Sentendomi in colpa… Non mi è stata data nessuna motivazione
specifica se non che dovevano visitarlo e monitorarlo. Appena nato il bambino
aveva un indice di apgar o indice di vitalità pari a 7 al 1’ e 9 al 5’. Il
massimo è 10! Io penso che il motivo fosse un altro ovvero che erano le 4.00
del mattino, io ero una cesarizzata e nessuno aveva voglia di supportarmi nella
mia scelta di avere il bambino con me.
L’intera notte in quella stanza
ci siamo state io e l’altra donna G. alla quale intanto era stata iniettata
ossitocina sintetica ed è in pieno travaglio indotto, sdraiata sul letto e
attaccata al monitoraggio. Senza nessuna assistenza. Io e lei di nuovo. G. mi chiede
di aiutarla nel travaglio perché sta soffrendo molto. E’ stata con me durante
il mio e dice che non ho mai urlato ma sempre respirato e mi chiede di
respirare con lei. Abbiamo respirato insieme tutta la notte fino al suo parto.
Il giorno dopo mi dicono che se voglio
mio figlio con me devo occuparmi di tutto io e fare tutto da sola. Subito mi metto
in piedi per dimostrare che me la cavo e che posso essere autosufficiente. Nonostante
questo non mi lasciano il bimbo in modo continuativo durante il giorno e di
nuovo lo portano via la notte…
Mi ferisce e mi fa ancora
soffrire pensare che, nonostante le mie continue richieste, dopo il parto, mio
figlio non abbia potuto avere accanto la mamma e io accanto a me lui; che non
abbia potuto vivere il contatto pelle ed essere attaccato subitaneamente al
seno. E mi fa arrabbiare e indignare questo atteggiamento di freddezza e
incomprensione, di assoluta mancanza di empatia e di sostegno nel post partum
mio e di mio figlio, di non rispetto per le mie scelte di madre. Così come
l’avermi imposto decisioni che non mi sono state sufficientemente spiegate, né
condivise, né motivate. Non è chiedere la luna volere personale ostetrico e in
generale sanitario che sia umano, preparato, aggiornato e rispettoso. Noi donne
in gravidanza ormai ne sappiamo più di loro! E’ la richiesta di una
professionalità formata in modo differente e che si esprime in modo differente,
che accompagna e supporta le donne e i loro figli e le loro figlie nel momento
del parto, che rispetta le scelte e sostiene le competenze, in particolare in situazioni di forte stress e/o difficoltà.
E comunque anche avessero avuto
motivazioni clinicamente valide per la separazione subitanea tra me e mio
figlio, resta il fatto che ho avuto un cesareo d’urgenza e paura che mio figlio
morisse e nessun sostegno concreto ed emotivo mi e ci è stato dato dopo il
parto. Il giorno dopo il parto mio figlio era tutto pieno di graffietti in
faccia. Avrà agitato le braccine e le manine durante la notte e con le piccole unghiette si sarà graffiato…ne
era pieno.
Siamo rimasti lì tre giorni e ci
sono state difficoltà nell’avvio dell’allattamento perché mio figlio faceva
fatica ad attaccarsi al capezzolo.
Il terzo giorno avevo il seno
gonfio e volevo tirare il latte perché conoscevo il meccanismo
dell’allattamento e mi dissero che era peggio, perché se il bambino non
succhiava avrei potuto avere maggiore gonfiore, dolori al seno o peggio.
Insomma una serie di informazioni errate e buttate lì, contraddittorie con
quello che avevo imparato…
Mi hanno lasciato definitivamente
il bambino solo il terzo giorno. La ristrettezza dell’orario di visite concesso
ai papà è un altro elemento che non ha
aiutato…solo tre ore al dì. Certamente sapevo di questo orario di visite ma non
avevo previsto un postpartum così duro e privo di sostegno…
Perché vi scrivo la mia storia e
quella del mio bimbo al momento della nascita? Perché ho capito che forse mi
può fare bene parlarne. Raccontare, condividere e tirare fuori la rabbia e la
sofferenza. Perché purtroppo è una storia condivisa da molte donne. Leggo tanti
racconti su tc d’urgenza dopo la mia esperienza e tutti sono caratterizzati da
sofferenza profonda e difficile da elaborare e superare, senso di inadeguatezza
e colpa… Come nel mio caso, l’aspetto più terribile è proprio non avere potuto
scegliere di tenere il proprio bambino o la propria bambina con sé e l’assenza
di supporto emotivo, di empatia e comprensione del personale sanitario. Ho
sofferto tantissimo e mi sono addossata tante colpe e responsabilità e mi sono
sentita non capace, triste. Soprattutto non ero stata in grado di proteggere
mio figlio appena nato. Non ero riuscita a tenerlo con me, a garantirgli un
venire al mondo gentile e accogliente, amorevole e caldo. Non avevo potuto
tenerlo stretto a me e farlo sentire sicuro. Non avevamo potuto guardarci nelle
prime due ore dalla nascita, persi occhi negli occhi e innamorarci l’una
dell’altro….Me l’avevano portato via e io? Cosa altro avrei potuto fare? O
dovuto fare? Quali altri strumenti avevo
e hanno le donne per difendere i loro bisogni e diritti in quei momenti? Trascinarmi
fino al nido? Urlare come una pazza che me lo dessero!?! Non ho fatto nulla
oltre che chiamare continuamente le ostetriche del nido e chiedere a tutte
quelle che venivano e al medico stesso.
E quando si sono presentate
difficoltà nell’allattamento, a tratti, ho anche pensato che quella che mi
aspettavo fosse l’esperienza più bella della mia vita fosse in realtà
l’esperienza più brutta, da cancellare e da rifare. Una cosa orribile. Una sensazione
terribile…Volevo piangere…e mi sentivo ancora di più in colpa verso mio figlio.
Il mio umore triste e la paura di
sbagliare ancora sicuramente hanno avuto ricadute nell’iniziale rapporto con il
mio piccolo amore. E credo che il tipo di assistenza ricevuta, priva di ascolto, comprensione e sostegno, in
travaglio, parto e soprattutto nel post-partum abbia avuto, per me, un peso determinante
sul mio vissuto di neomamma e sulla percezione delle mie competenze come
genitore alle prime armi…
Non voglio che queste cose
accadano ancora. Che altre donne debbano subire questi comportamenti di
mancanza di rispetto per le proprie scelte e di disinteresse in un momento così
delicato e significativo della loro vita. Non voglio che altre donne vivano
ancora sofferenze evitabili e inutili. E così anche i loro figli e le loro
figlie. Voglio che tutte le donne abbiano un sostegno adeguato e umano in tutte
le strutture in cui scelgono di partorire. Che abbiano corrette informazioni
anche durante il travaglio e dopo la nascita. Voglio che le donne vengano rispettate e accolte nei loro bisogni
e nelle loro scelte!
Per questo scrivo a voi. Perché
so che vi battete per i diritti delle donne in particolare al parto e nel post-partum.
Perché il lavoro di diffusione delle informazioni, il lavoro sulla
rivendicazione di diritti e il sostegno alle donne, alle madri e alle coppie e
alle famiglie su queste tematiche è necessario affinché ci sia un cambiamento e
una presa in carico seria di queste questioni. R.
GEMELLI? TANTO FAI IL CESAREO!
Ah! gemelli?...Tanto nascono prima…
Gemelli! Che bello! Quando ti hanno programmato il cesareo?
Gemelli!? con 'na botta te sei tolta il pensiero.
Embè i Gemelli mica li puoi allattare insieme.
I gemelli serve l’aggiunta sennò come fai… Come? Scusate ma che state
dicendo? E i miei sogni, i miei desideri, le mie volontà?
Il parto, l’allattamento al seno, il bimbo che si attacca a te appena
nato insomma quella roba naturale normale che appartiene all’inizio dei
tempi… non potete togliermeli così tra una risata e un pezzo di pane dal
fornaio, eh si perché la cosa più pazzesca è che chiunque si permette
di parlare ad una donna incinta e dire la sua, avvalorando e facendo
passare per “scientifico” il luogo comune e tu donna in balia degli
ormoni assorbi tutto dalla battuta del fornaio a quella della portiera,
figurarsi i pareri dei dottori!
Poi giorno dopo giorno impari a ridere
di tutto questo meccanismo squisitamente italiano o forse umano?
All’ottava settimana di gravidanza avevo già prenotato il giorno del
parto cesareo, come fosse una visita dal dentista (scoprirò poi che non
esistono “prenotazioni” ospedaliere per cesarei…)
Io non voglio tutto questo, non mi piace, no così non mi piace, se dovrà
essere così perché sussistono complicazioni di salute ok, ma non così a
scatola chiusa un protocollo…no, così no… ed è da questi “NO, così No”
che mi metto a studiare da sola, nel modo post moderno più banale: apro
internet e digito su google “gemelli e cesareo” o “gemelli e
allattamento” approdo alle linee guida dell’OMS e scopro “un sacco di
cose”, ma come?
Non sono medico, non so niente di gravidanze e parti
eppure trovo tante risposte alle mie domande e si capisce
tuttobenissimo, è molto chiaro con un linguaggio accessibile a tutti:
“non sussistono controindicazioni al parto vaginale in caso di
gravidanza gemellare”, “è possibile allattare al seno i gemelli” e
allora torno a parlarne con i medici che mi seguono o con chi credo
abbia esperienza e tutto va al contrario.
Sono confusa, fortuna che sono all’inizio della gravidanza.
Seppur disorientata sono fiduciosa che troverò la strada che fa per me
ma soprattutto sono fermamente convinta che è mio diritto di donna
scegliere.
Finchè un giorno ricevo una telefonata, è la moglie di un amico del mio
compagno ed è la prima volta che la sento, non la conosco. Inizialmente
quasi mi sento invasa dalla sua telefonata “mo che vò pure questa?”, è
un’ostetrica e vive in Umbria, mi parla della scuola di Firenze e mi
apre le porte ad un mondo dell’ostetricia diverso da quello
medicalizzato sarà lei a darmi il contatto di Ivana Arena che opera a
Roma, al contempo inizio un corso sui gemelli al Melograno di Roma
condotto da Gabriella Pacini e pian piano la strada si definisce: ora so
dove andare, ho trovato la via che cercavo e che non credevo possibile.
Sapere dove andare è un buon punto d’inizio ma non è di certo
risolutivo, da qui inizia il cammino forse più tortuoso: far valere la
propria volontà e quello che dovrebbe essere il banale e scontato
diritto della donna di scegliere come partorire.
Mi sono sentita dire “sei in cura con me e fai quello che dico io”
oppure “il parto vaginale non te lo faccio fare” e tornano alla mente
quei famosi slogan retaggio anni settanta. Quelli che credevi fossero
ormai superati e sepolti in qualche nostalgico cassetto femminista:
rispolverare, dare alla luce nuovamente … ma come non è il MIO parto?
Credo che il problema sia anche nei termini nel modo di parlare e
rapportarsi alla Donna, nessuno vuole sostituirsi alle competenze degli
specialisti e dei medici, ne tanto meno incentivare volontà personali
che potrebbero nuocere alla salute della donna se non addirittura del
bambino - purtroppo è proprio questo il meccanismo, il confine in cui si
viene travolti- ma non è possibile essere burattini in balia delle
scelte altrui seppur “competenti”.
Scelte sovente dettate non da una
reale rischio di salute, ma da scuole di pensiero in cui il riferimento
sono purtroppo le opinioni personali e non più le evidenze scientifiche o
gli studi internazionali. Scelte dettate da interessi privati, a volte
economici ma più spesso e sopratutto dalla medicina difensiva.
Vi assicuro che nessuna donna vuole fare del male a se stessa o al
bambino/i che porta in grembo, non dopo aver scelto la gravidanza e
averla portata avanti per nove lunghi, e molto spesso faticosi, mesi.
Non ho trovato nessuno dirmi in ospedale “la vedo così, penso sia la
cosa migliore, la scelta ultima è la tua” ma si da per scontato che la
mia volontà non ci sia: nella medicalizzazione viene totalmente
annullata.
Da qui inizia il percorso del mio parto, comincio ad immaginarlo,
desidero sia un bel parto, desidero arrivare alla fine del tempo,
desidero allattare al seno, desidero che il mio compagno assista al
momento in cui i cuccioli entreranno in questo mondo.
Ecco desidero, ergo scelgo. Fin dove la mia volontà può arrivare? ma
questo nessuno lo può sapere ed inutile impelagarsi in possibili idee e
filosofie.
Primo step: trovare un ospedale che risponda ai miei desideri. La nostra
esperienza ha evidenziato che la maggior parte degli ospedali non
permette al padre di assistere in caso di cesareo e in caso di parto
gemellare vaginale usa far partorire la donna in sala operatoria “non si
sa mai così siamo già pronti in caso di complicazioni!" .
La maggior
parte degli ospedali usa somministrare l’aggiunta di latte artificiale
in caso di parto gemellare da protocollo “perché subito dopo il parto la
donna è stanca e non ce la fa ad allattarne due”.
Non è stato facile ma soppesati i pro e i contro troviamo l’ospedale più
vicino alle nostre richieste.
Secondo step: trovare chi crede nella possibilità di fare un parto
"naturale", cioè a basso livello di medicalizzazione, o perlomeno
vaginale. Nonostante che sul finire della gravidanza la posizione della
testa di entrambi i cuccioli fosse quella giusta, "a testa in giù" e che
la gravidanza fosse assolutamente normale era ancora “rischioso” andare
in ospedale in pieno travaglio di DUE bambini! Così guidati dai
consigli di “amiche” ostetriche abbiamo scelto di presentarci al
primario dell’ospedale il quale ha valutato -con nostro grande piacere e
stupore- di sostenere il Mio parto scrivendo una lettera indirizzata ai
medici di guardia in cui sottolineava che non sussistevano
controindicazioni ad un parto vaginale.
Vittoria e stupore!
Possibile che per poter travagliare ho avuto bisogno del permesso
scritto? Successivamente scoprimmo che in quell’ospedale erano anni che
non si facevano parti gemellari vaginali.
Terzo step: il parto, a 39 settimane i medici hanno reputato che vista
la mia situazione era opportuno indurre il parto, non so se è stata la
scelta giusta ma a quest’epoca gestazionale la mia stanchezza era così
alta che non ho fatto altro che affidarmi. Il mio è stato un parto
vaginale fortemente medicalizzato di conseguenza molto doloroso, ho
rischiato di andare in cesareo due volte, in entrambe la mia volontà in
primis la bravura dell’ostetrica e la professionalità dei medici hanno
fatto si che ciò non avvenisse.
Dopo 22 ore di travaglio i cuccioli sono
venuti al mondo.
Quarto step: l’allattamento e l’aggiunta, “ne prendi uno per volta lo
attacchi dieci minuti ad un seno dieci all’altro e poi lo riposi (il
bambino s’intende) prendi l’altro e fai lo stesso, mentre allatti così
ci parli…” ecco questa è stata l’indicazione che ho ricevuto in ospedale
per allattare al seno, non lo scorderò facilmente e fortuna anche qui
che avevo altre conoscenze in materia e consulenti per l’allattamento su
cui contare. Il primo giorno l’infermiera stava provando a dare la
famosa “aggiuntina” alla bimba senza consultarmi o avvisarmi -dando per
scontato la giustezza della sua azione- ho dovuto discutere e chiamare
il pediatra per rifiutare tale iniziativa dettata unicamente da regole
di protocollo. Alle dimissioni dall’ospedale il pediatra ci ha tenuto
molto ad indicare la necessità dell’aggiunta artificiale ma soprattutto
la “marca del latte” che rispondeva esattamente ai bisogni dei nostri
bambini!
Mi avevano detto che sarebbero nati prima e sono nati a 39 settimane e 2
giorni con induzione.
Mi avevano detto che la gravidanza gemellare è una gravidanza rischiosa
e che avrei passato l’ultimo mese “allettata” : ho avuto la fortuna di
vivere una gravidanza serena e senza problematiche.
Mi avevano detto che avrebbero fatto l’incubatrice perché sarebbero nati
deboli e piccoli: i cuccioli si sono attaccati subito al seno e avevano
un peso rispondente i “famosi range di normalità”.
Mi avevano detto che avrei dovuto fare un parto cesareo perché gemelli:
il mio è stato uno parto naturale, estremamente lungo e doloroso, 22
ore di travaglio (probabilmente perché indotto) ma l’emozione più
intensa e forte della mia vita che rifarei sicuramente.
Mi avevano detto che con i gemelli non ce la fai ad allattare al seno
entrambi: allatto i miei bimbi ogni giorno da tre mesi ed è
meraviglioso, è stato difficile all’inizio e probabilmente se non avessi
avuto una ferma volontà ed il giusto sostegno di consulenti per
l’allattamento, ostetrica, pediatra, avrei potuto non farcela.
“Mi avevano detto”. Tutto vero, nulla di falso, vero come una delle
possibilità non come unica realtà è questo il vero dilemma-limite
dell’approccio medico ospedaliero italiano.
La mia è stata una bella gravidanza e un parto fortunato per così dire,
ma il terrorismo psicologico e la guerra preventiva -come mi piace
chiamarle- che ho vissuto durante i nove mesi sono state per me fonte di
ansia e inquietudine. Conosco le statistiche che affermano che tutto
ciò che “mi avevano detto” è possibile ma quanto di questo è dovuto a
politiche sanitarie preventive e/o a “profezie che si auto avverano”?
(chiamiamole così và….).
Tutto è possibile nella vita, l’importante è Saper scegliere e Poter
scegliere… noi unici responsabili della nostra vita.
L.
GEMELLI? TANTO FAI IL CESAREO!
Ah! gemelli?...Tanto nascono prima… Gemelli! Che bello! Quando ti hanno programmato il cesareo? Gemelli!? con 'na botta te sei tolta il pensiero. Embè i Gemelli mica li puoi allattare insieme. I gemelli serve l’aggiunta sennò come fai… Come? Scusate ma che state dicendo? E i miei sogni, i miei desideri, le mie volontà? Il parto, l’allattamento al seno, il bimbo che si attacca a te appena nato insomma quella roba naturale normale che appartiene all’inizio dei tempi… non potete togliermeli così tra una risata e un pezzo di pane dal fornaio, eh si perché la cosa più pazzesca è che chiunque si permette di parlare ad una donna incinta e dire la sua, avvalorando e facendo passare per “scientifico” il luogo comune e tu donna in balia degli ormoni assorbi tutto dalla battuta del fornaio a quella della portiera, figurarsi i pareri dei dottori!
Poi giorno dopo giorno impari a ridere
di tutto questo meccanismo squisitamente italiano o forse umano?
All’ottava settimana di gravidanza avevo già prenotato il giorno del
parto cesareo, come fosse una visita dal dentista (scoprirò poi che non
esistono “prenotazioni” ospedaliere per cesarei…)
Io non voglio tutto questo, non mi piace, no così non mi piace, se dovrà
essere così perché sussistono complicazioni di salute ok, ma non così a
scatola chiusa un protocollo…no, così no… ed è da questi “NO, così No”
che mi metto a studiare da sola, nel modo post moderno più banale: apro
internet e digito su google “gemelli e cesareo” o “gemelli e
allattamento” approdo alle linee guida dell’OMS e scopro “un sacco di
cose”, ma come?
Non sono medico, non so niente di gravidanze e parti
eppure trovo tante risposte alle mie domande e si capisce
tuttobenissimo, è molto chiaro con un linguaggio accessibile a tutti:
“non sussistono controindicazioni al parto vaginale in caso di
gravidanza gemellare”, “è possibile allattare al seno i gemelli” e
allora torno a parlarne con i medici che mi seguono o con chi credo
abbia esperienza e tutto va al contrario.
Sono confusa, fortuna che sono all’inizio della gravidanza.
Seppur disorientata sono fiduciosa che troverò la strada che fa per me
ma soprattutto sono fermamente convinta che è mio diritto di donna
scegliere.
Finchè un giorno ricevo una telefonata, è la moglie di un amico del mio
compagno ed è la prima volta che la sento, non la conosco. Inizialmente
quasi mi sento invasa dalla sua telefonata “mo che vò pure questa?”, è
un’ostetrica e vive in Umbria, mi parla della scuola di Firenze e mi
apre le porte ad un mondo dell’ostetricia diverso da quello
medicalizzato sarà lei a darmi il contatto di Ivana Arena che opera a
Roma, al contempo inizio un corso sui gemelli al Melograno di Roma
condotto da Gabriella Pacini e pian piano la strada si definisce: ora so
dove andare, ho trovato la via che cercavo e che non credevo possibile.
Sapere dove andare è un buon punto d’inizio ma non è di certo risolutivo, da qui inizia il cammino forse più tortuoso: far valere la propria volontà e quello che dovrebbe essere il banale e scontato diritto della donna di scegliere come partorire.
Sapere dove andare è un buon punto d’inizio ma non è di certo risolutivo, da qui inizia il cammino forse più tortuoso: far valere la propria volontà e quello che dovrebbe essere il banale e scontato diritto della donna di scegliere come partorire.
Mi sono sentita dire “sei in cura con me e fai quello che dico io”
oppure “il parto vaginale non te lo faccio fare” e tornano alla mente
quei famosi slogan retaggio anni settanta. Quelli che credevi fossero
ormai superati e sepolti in qualche nostalgico cassetto femminista:
rispolverare, dare alla luce nuovamente … ma come non è il MIO parto?
Credo che il problema sia anche nei termini nel modo di parlare e
rapportarsi alla Donna, nessuno vuole sostituirsi alle competenze degli
specialisti e dei medici, ne tanto meno incentivare volontà personali
che potrebbero nuocere alla salute della donna se non addirittura del
bambino - purtroppo è proprio questo il meccanismo, il confine in cui si
viene travolti- ma non è possibile essere burattini in balia delle
scelte altrui seppur “competenti”.
Scelte sovente dettate non da una reale rischio di salute, ma da scuole di pensiero in cui il riferimento sono purtroppo le opinioni personali e non più le evidenze scientifiche o gli studi internazionali. Scelte dettate da interessi privati, a volte economici ma più spesso e sopratutto dalla medicina difensiva. Vi assicuro che nessuna donna vuole fare del male a se stessa o al bambino/i che porta in grembo, non dopo aver scelto la gravidanza e averla portata avanti per nove lunghi, e molto spesso faticosi, mesi.
Scelte sovente dettate non da una reale rischio di salute, ma da scuole di pensiero in cui il riferimento sono purtroppo le opinioni personali e non più le evidenze scientifiche o gli studi internazionali. Scelte dettate da interessi privati, a volte economici ma più spesso e sopratutto dalla medicina difensiva. Vi assicuro che nessuna donna vuole fare del male a se stessa o al bambino/i che porta in grembo, non dopo aver scelto la gravidanza e averla portata avanti per nove lunghi, e molto spesso faticosi, mesi.
Non ho trovato nessuno dirmi in ospedale “la vedo così, penso sia la
cosa migliore, la scelta ultima è la tua” ma si da per scontato che la
mia volontà non ci sia: nella medicalizzazione viene totalmente
annullata.
Da qui inizia il percorso del mio parto, comincio ad immaginarlo,
desidero sia un bel parto, desidero arrivare alla fine del tempo,
desidero allattare al seno, desidero che il mio compagno assista al
momento in cui i cuccioli entreranno in questo mondo.
Ecco desidero, ergo scelgo. Fin dove la mia volontà può arrivare? ma
questo nessuno lo può sapere ed inutile impelagarsi in possibili idee e
filosofie.
Primo step: trovare un ospedale che risponda ai miei desideri. La nostra
esperienza ha evidenziato che la maggior parte degli ospedali non
permette al padre di assistere in caso di cesareo e in caso di parto
gemellare vaginale usa far partorire la donna in sala operatoria “non si
sa mai così siamo già pronti in caso di complicazioni!" .
La maggior
parte degli ospedali usa somministrare l’aggiunta di latte artificiale
in caso di parto gemellare da protocollo “perché subito dopo il parto la
donna è stanca e non ce la fa ad allattarne due”.
Non è stato facile ma soppesati i pro e i contro troviamo l’ospedale più
vicino alle nostre richieste.
Secondo step: trovare chi crede nella possibilità di fare un parto
"naturale", cioè a basso livello di medicalizzazione, o perlomeno
vaginale. Nonostante che sul finire della gravidanza la posizione della
testa di entrambi i cuccioli fosse quella giusta, "a testa in giù" e che
la gravidanza fosse assolutamente normale era ancora “rischioso” andare
in ospedale in pieno travaglio di DUE bambini! Così guidati dai
consigli di “amiche” ostetriche abbiamo scelto di presentarci al
primario dell’ospedale il quale ha valutato -con nostro grande piacere e
stupore- di sostenere il Mio parto scrivendo una lettera indirizzata ai
medici di guardia in cui sottolineava che non sussistevano
controindicazioni ad un parto vaginale.
Vittoria e stupore!
Possibile che per poter travagliare ho avuto bisogno del permesso
scritto? Successivamente scoprimmo che in quell’ospedale erano anni che
non si facevano parti gemellari vaginali.
Terzo step: il parto, a 39 settimane i medici hanno reputato che vista
la mia situazione era opportuno indurre il parto, non so se è stata la
scelta giusta ma a quest’epoca gestazionale la mia stanchezza era così
alta che non ho fatto altro che affidarmi. Il mio è stato un parto
vaginale fortemente medicalizzato di conseguenza molto doloroso, ho
rischiato di andare in cesareo due volte, in entrambe la mia volontà in
primis la bravura dell’ostetrica e la professionalità dei medici hanno
fatto si che ciò non avvenisse.
Dopo 22 ore di travaglio i cuccioli sono
venuti al mondo.
Quarto step: l’allattamento e l’aggiunta, “ne prendi uno per volta lo
attacchi dieci minuti ad un seno dieci all’altro e poi lo riposi (il
bambino s’intende) prendi l’altro e fai lo stesso, mentre allatti così
ci parli…” ecco questa è stata l’indicazione che ho ricevuto in ospedale
per allattare al seno, non lo scorderò facilmente e fortuna anche qui
che avevo altre conoscenze in materia e consulenti per l’allattamento su
cui contare. Il primo giorno l’infermiera stava provando a dare la
famosa “aggiuntina” alla bimba senza consultarmi o avvisarmi -dando per
scontato la giustezza della sua azione- ho dovuto discutere e chiamare
il pediatra per rifiutare tale iniziativa dettata unicamente da regole
di protocollo. Alle dimissioni dall’ospedale il pediatra ci ha tenuto
molto ad indicare la necessità dell’aggiunta artificiale ma soprattutto
la “marca del latte” che rispondeva esattamente ai bisogni dei nostri
bambini!
Mi avevano detto che sarebbero nati prima e sono nati a 39 settimane e 2
giorni con induzione.
Mi avevano detto che la gravidanza gemellare è una gravidanza rischiosa
e che avrei passato l’ultimo mese “allettata” : ho avuto la fortuna di
vivere una gravidanza serena e senza problematiche.
Mi avevano detto che avrebbero fatto l’incubatrice perché sarebbero nati
deboli e piccoli: i cuccioli si sono attaccati subito al seno e avevano
un peso rispondente i “famosi range di normalità”.
Mi avevano detto che avrei dovuto fare un parto cesareo perché gemelli:
il mio è stato uno parto naturale, estremamente lungo e doloroso, 22
ore di travaglio (probabilmente perché indotto) ma l’emozione più
intensa e forte della mia vita che rifarei sicuramente.
Mi avevano detto che con i gemelli non ce la fai ad allattare al seno
entrambi: allatto i miei bimbi ogni giorno da tre mesi ed è
meraviglioso, è stato difficile all’inizio e probabilmente se non avessi
avuto una ferma volontà ed il giusto sostegno di consulenti per
l’allattamento, ostetrica, pediatra, avrei potuto non farcela.
“Mi avevano detto”. Tutto vero, nulla di falso, vero come una delle
possibilità non come unica realtà è questo il vero dilemma-limite
dell’approccio medico ospedaliero italiano.
La mia è stata una bella gravidanza e un parto fortunato per così dire,
ma il terrorismo psicologico e la guerra preventiva -come mi piace
chiamarle- che ho vissuto durante i nove mesi sono state per me fonte di
ansia e inquietudine. Conosco le statistiche che affermano che tutto
ciò che “mi avevano detto” è possibile ma quanto di questo è dovuto a
politiche sanitarie preventive e/o a “profezie che si auto avverano”?
(chiamiamole così và….).
Tutto è possibile nella vita, l’importante è Saper scegliere e Poter
scegliere… noi unici responsabili della nostra vita.
L.
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