Alcuni
commenti al nostro comunicato di ieri, circa il nostro ritiro dal convegno
sulle case maternità, ci spingono a tornare sull’argomento, pur credendo che di
case maternità e della questione Acqualuce si debba parlare in ben altre sedi,
per ben altri motivi.
Riteniamo,
infatti, che fare delle strumentalizzazioni sui temi sottesi al convegno e
sulla nostra posizione non sia davvero utile a nessuna.
FFBRAG non è
contro le case maternità private. Chi vuole porre la questione in questi
termini fuorvianti, evidentemente non coglie appieno le nostre motivazioni, o
piuttosto non vuole coglierle, oppure non ci conosce.
Noi
sosteniamo la libertà delle donne di scegliere come e dove partorire e ci
battiamo, tra l’altro, anche per l’apertura di case maternità extraospedaliere.
Auspichiamo che ve ne siano sempre di maggior numero e che siano davvero
accessibili, anche economicamente, a tutte le donne che vogliano
partorire in una di esse.
Il nocciolo
della questione, rispetto al convegno, è però un altro.
Il nocciolo
della questione è che nel Lazio, la Regione con il più spaventoso deficit della
spesa sanitaria tra tutte le Regioni italiane, la priorità nella gestione del
denaro pubblico non può essere data al finanziamento di case maternità private.
Non può, quando esiste una splendida Casa del Parto che ha funzionato soltanto
grazie al sacrificio personale delle ostetriche che ci hanno creduto, che ha
patito ad ogni scadenza semestrale l’incertezza delle sue sorti, che ha dovuto
sperare nel rinnovo dei finanziamenti, sempre limitati, sempre a termine, come
dire, una struttura “precaria”, in linea con i nostri tempi…
Il nocciolo
della questione è che un convegno intitolato “Le case maternità nel Lazio” non
può pretendere di bypassare la questione Acqualuce, che è una risorsa per le
donne laziali che deve riprendere e continuare a funzionare. Perché chiedere
alle relatrici di tacere sull’argomento? Il nocciolo della questione è che le
reti tra donne e tra associazioni sono importanti, perché rafforzano gli
strumenti a vantaggio degli obiettivi comuni e quindi delle donne. E la forza
delle reti sta, nel contempo, nella comunanza degli obiettivi e nella diversità
delle soggettività coinvolte, ognuna delle quali deve, però, essere libera di
dare il proprio contributo nella comune lotta.
Un
atteggiamento boicottante è, quindi, semmai quello di chi ha tentato di porre
delle censure sui contenuti degli interventi. Il nostro è, semplicemente, un
atteggiamento coerente, coerente con i nostri interessi, che sono quelli delle
donne, con i nostri obiettivi e la nostra politica.
Sarebbe anche
il caso di evitare le prevedibili accuse del “potevate dirlo prima”. No, non
potevamo dirlo prima, perché davvero non era per noi immaginabile che si
potesse tanto spudoratamente chiedere di tacere sulla questione Acqualuce. Non
era immaginabile né sospettabile, visto che abbiamo ricevuto la “scaletta”
definitiva del convegno soltanto venerdi 15 gennaio; dalla scaletta ma, prima
ancora che da questa, dal programma del convegno e finanche dallo stesso
titolo, non si evinceva affatto che l’argomento “Acqualuce” e casa maternità
intraospedaliera dovesse essere tabù.
Anzi, proprio
l’intento dichiarato nel comunicato del convegno, di parlare della proposta di
legge n. 152/2014, aveva creato la convinzione, in chi quel testo di legge lo
conosce bene e sa che in esso il ruolo centrale, per la garanzia del diritto di
scelta delle donne e l’apertura di case maternità, è attribuito proprio al
servizio sanitario regionale, che si sarebbe potuto (e dovuto) discutere della
casa del parto pubblica, l’unica esistente nel Lazio!
Tutto ciò non
era immaginabile per chi, come noi, è abituata a dare per scontato che le
priorità sono innegabili, evidenti, imprescindibili,
irrinunciabili, qualunque ne sia il costo.
Ecco quindi
perché il nostro ritiro è avvenuto solo ieri. Solo dopo aver parlato, non più
tardi di qualche giorno fa, con l’organizzazione del convegno ed aver ricevuto
le ormai note, chiare indicazioni contrarie alla nostra annunciata intenzione
di focalizzare il nostro intervento sulla questione Acqualuce.
La stessa
moderatrice del convegno, con cui abbiamo parlato ieri, poco prima di prendere
la nostra decisione, si è fatta portavoce di questa inaccettabile “richiesta”.
Varrà per lei la giustificazione di non essere laziale…
Naturalmente,
la ferma convinzione che ha accompagnato la nostra “tardiva” decisione non ne
ha sminuito il peso. E’ persino superfluo dire che ci è dispiaciuto causare
disagi all’organizzazione del convegno. E’, per noi, davvero un’occasione
mancata, a scapito delle donne.
Tuttavia, non
potevamo far finta di nulla, né accettare compromessi o censure. Queste, sì,
hanno avuto l’effetto di dividere, di fare “differenze”, volendo togliere
cittadinanza alle istanze di tante donne laziali che rivogliono la Casa del
Parto Acqualuce, perché c’è, esiste, è pubblica. Istanze che non devono essere
lette come confliggenti con quelle di chi persegue l’obiettivo, altrettanto
condivisibile, dell’apertura di case maternità gestite da ostetriche libere
professioniste.
Per noi ciò
che unisce è la priorità della salute delle donne e del loro diritto di
autodeterminarsi e vale davvero la pena impegnarsi per portare, da un lato, il
sistema sanitario pubblico ad offrire luoghi del parto e servizi alternativi
all’ospedale e al modello di assistenza medicalizzata, e, dall’altro, per
valorizzare le esperienze di case maternità extraospedaliere già
esistenti ed incoraggiarne di nuove. Perché quindi separare la comune lotta e
creare due “fazioni”? Ripartiamo da qui, con atteggiamento costruttivo,
trasparente, inclusivo.
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