Condividete,
aderite, diffondete! Crediamo sia davvero importante!
Comunicateci
la vostra adesione qui su fb o via mail!
APPELLO ALLA REGIONE LAZIO
Il Ministero della Salute boccia il Decreto Polverini sul parto
extraospedaliero: ecco cosa vi chiediamo!
Nel 2011, la
Regione Lazio, piuttosto che dotarsi di una legge organica sul parto in
ambiente extraospedaliero (domicilio e case maternità) e riconoscere il diritto
(umano) delle donne di scegliere dove e come partorire e prevedere strumenti
per rendere effettivo questo diritto, piuttosto che garantire il funzionamento
della Casa del Parto Acqualuce e promuovere l'apertura di case maternità
private, preferì disciplinare la materia con un provvedimento amministrativo,
il Decreto n. 29/2011 dell'allora Presidente della Regione Renata Polverini, in
veste di Commissario Ad Acta.
Il Decreto
n. 29/2011, in realtà concepito per scopi di risanamento del deficit sanitario,
ha affrontato il tema del parto in casa (dimostrando come il tema della salute
della donna venga affrontato, come al solito, quando l'obiettivo è la
"razionalizzazione" della spesa!) e si è spinto ben oltre la delega.
Il Decreto
in questione, infatti, ha adottato dei protocolli per l’assistenza al travaglio
e al parto fisiologico extraospedaliero in case maternità e a domicilio,
nonostante i protocolli, in quanto sempre rivedibili, aggiornabili,
perfettibili da parte della comunità scientifica internazionale, non siano
suscettibili di essere cristallizzati in un provvedimento amministrativo; gli
stessi protocolli adottati presentano molte incongruenze rispetto alle evidenze
scientifiche ed ai protocolli internazionali (ad esempio, prevedono esplorazioni
vaginali in caso di rottura prematura delle membrane, non prevedono la
recisione ritardata del cordone ombelicale, impongono la visita del neonatologo
entro le 12 ore dalla nascita, ecc.).
Il Decreto
Polverini, poi, ha imposto requisiti illegittimi non soltanto ai fini della
rimborsabilità delle spese sostenute dalle donne per il parto in casa assistito
da ostetriche libere professioniste, ma addirittura per la stessa praticabilità
del parto a domicilio, pregiudicando gravemente sia la libertà delle donne di
scegliere le circostanze e il modo in cui partorire, sia l'autonomia e
l'indipendenza professionale delle ostetriche. Così, è stata imposta la
(doppia) condizione che il domicilio sia distante non più di 20 minuti e 7
chilometri di raggio da un ospedale dotato di reparto di maternità di II/III
Livello, con la ovvia conseguenza che le donne residenti nella maggior parte
della regione laziale non soddisfano questo doppio requisito e non possono,
quindi, ricevere assistenza in casa, né, tantomeno, chiedere il rimborso delle
spese.
Si impone,
poi, che l'ostetrica scelta dalla donna per il proprio parto debba possedere, e
documentare, un'esperienza professionale di almeno cinque anni di gestione
autonoma di sala parto, requisito che ha il duplice l'effetto di escludere, a
priori, tutte le ostetriche più giovani dalla libera professione
extraospedaliera e di limitare, comunque, la possibilità per le donne di
trovare delle ostetriche giovani o meno giovani che siano, che abbiano
effettivamente gestito in autonomia le sale parto degli ospedali laziali,
evenienza peraltro davvero rara. tutto ciò in barba alla normativa della
professione ostetrica che abilita le ostetriche ad assistere i parti non appena
terminato il percorso di studi e di abilitazione.
Ancora, il
Decreto n. 29/2011 ha definito i requisiti edilizi e urbanistici per il
rilascio delle autorizzazioni delle Case Maternità extraospedaliere,
richiamando tuttavia quelli propri delle strutture socio-sanitarie: di fatto,
si è disconosciuta l'essenza stessa della casa maternità, assimilabile per
definizione ad un'abitazione privata e comunque ad un luogo non medicalizzato,
e se ne è resa praticamente impossibile l'apertura. Non è un caso, infatti, che
nel Lazio non esiste nessuna Casa Maternità privata.
Naturalmente,
nel Decreto n. 29/2011 non è stato riconosciuto alcun diritto per le donne
sulla rimborsabilità delle spese per il parto in casa - comunque subordinata al
rispetto dei "requisiti" appena ricordati -, ritrovandosi solo un
generico rimando a futuri provvedimenti delle Direzioni Regionali circa la
determinazione delle tariffe.
Non è
neppure delineato alcun obbligo per le strutture del SSR in ordine al rimborso,
né alcun impegno a garanzia della continuità assistenziale tra l'ostetrica
libero professionista e la struttura ospedaliera in caso di trasporto
d'urgenza.
Come
facilmente prevedibile, nel corso di questi cinque anni, il Decreto Polverini
ha prodotto effetti distorsivi e fortemente limitativi dei diritti delle donne
e delle ostetriche.
Per le
donne, ne è derivata la negazione di ogni possibilità di scelta sul dove - e
quindi sul come - partorire, con la conseguenza che il parto ospedaliero e
medicalizzato resta, a tutt'oggi, l'unica opzione praticabile per la quasi
totalità delle donne laziali; ciò non soltanto perchè i rimborsi non sono mai
arrivati - se si eccettuano pochissimi casi fortunati nell'immediatezza
dell'entrata in vigore del Decreto e pochi altri che hanno goduto, quando ve ne
sono state le risorse, del rimborso a forfait previsto dal Decreto Zingaretti
del maggio 2014, ma perché, di fatto, il Decreto è stato (male) interpretato
come se contenesse un divieto di partorire a casa (e di assistere parti in
casa) in assenza delle condizioni richieste.
Per le
ostetriche, il Decreto n. 29/2011 ha costituito il pretesto di moniti delle
Unità Sanitarie Locali, che le hanno formalmente diffidate dall'assistere parti
a domicilio, determinando così una situazione simile ad un vero e proprio
divieto o comunque uno stato di assoluta incertezza giuridica, nei fatti
ugualmente penalizzante per l'autodeterminazione delle donne e per l'autonomia
professionale delle ostetriche.
Recentemente,
con un ricorso al Presidente della Repubblica, patrocinato dall'avvocata
Virginia Giocoli (Freedom For Birth Rome Action Group), è stato impugnato un
provvedimento di un distretto USL che diffidava un'ostetrica laziale
dall'assistere parti a domicilio, per assenza del requisiti imposti dal Decreto
Polverini.
Con questo
ricorso è stata lamentata, a monte, l'illegittimità dello stesso Decreto
Polverini, per contrasto alla normativa nazionale e comunitaria sulla
professione ostetrica, per violazione del diritto di autodeterminazione e di
scelta della donna sulla propria salute e sul proprio corpo, riconosciuti dagli
articoli 2, 13 e 32 della nostra Costituzione, per violazione del diritto al
rispetto della propria vita privata e quindi del diritto di scegliere le
circostanze in cui partorire, riconosciuti dall’art. 8 della Convenzione per la
Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali.
Nell'ambito
dello stesso procedimento, il Ministero della Salute ha trasmesso una propria
relazione, dichiarando espressamente di ritenere fondato il ricorso ed ha
riconosciuto, in modo molto significativo:
- che un provvedimento regionale, peraltro emanato per ragioni connesse al
rientro dal deficit di spesa, non può introdurre condizioni (di vicinanza a
strutture ospedaliere di II e II Livello) ai fini della liceità dell'attività
professionale ostetrica o ai fini della rimborsabilità delle spese per il parto
a domicilio;
- che non sono dimostrate ricadute economiche o finanziarie negative sul SSR
per il caso di parti fuori dai limiti chilometrici prescritti dal Decreto n.
29/2011;
- che non ci sono evidenze scientifiche o epidemiologiche che possano obbligare
un parto ospedaliero, in luogo di quello in ambiente extraospedaliero, in
mancanza delle suddette condizioni di distanza da strutture ospedaliere di II e
III Livello;
- che la Regione non potrebbe validamente statuire in materia di ordinamento
professionale delle ostetriche e prevedere limiti all'attività libero
professionista, già regolamentata con leggi dello Stato e oggetto di
riconoscimento nel diritto comunitario;
- che i requisiti di distanza, chilometrici e di tempo, tra il domicilio e la
struttura ospedaliera, non sono supportati da richiami a studi o riferimenti
scientifici e possono, pertanto, assumere al più il valore di meri suggerimenti
liberamente accettabili, senza alcun vincolo cogente né per l'ostetrica libera
professionista, né per la donna;
- che la scelta della donna di partorire a casa propria ha una copertura
costituzionale nel primo comma dell'articolo 32 della Costituzione.
Il Ministero
della Salute, dunque, ha chiaramente riconosciuto che il diritto delle donne di
scegliere le circostanze del proprio parto, diritto di rango costituzionale,
non possa essere ridimensionato o sottoposto a vincoli, tanto più quando questi
non siano supportati da evidenze scientifiche o epidemiologiche, ed ha altrettanto
chiaramente ribadito l'autonomia e l'indipendenza professionale dell'ostetrica,
alla cui responsabilità professionale personale è rimessa la decisione
sull'assistenza di un parto domiciliare, nel rispetto delle legis artes e delle
norme statali che regolamentano la professione.
La relazione
del Ministero della Salute è ormai da qualche tempo ben nota alle istituzioni
regionali, alle stesse che, oggi, hanno istituito e stanno conducendo un tavolo
tecnico per dare attuazione al Decreto Polverini.
Oggi, come
già più volte in passato, vogliamo quindi denunciare come inaccettabile ciò che
sta avvenendo nelle sedi istituzionali regionali, dove si continua,
ostinatamente, a legiferare e provvedere sulla salute delle donne con percorsi
non partecipati, che non assumono come prioritaria la considerazione dei
diritti, delle aspirazioni, delle esigenze espresse dalle donne stesse e che
non si attengono strettamente alle evidenze scientifiche ed alle
raccomandazioni degli organismi internazionali che si occupano di salute delle
donne.
Noi
riteniamo inaccettabile che questi tavoli lavorino senza che sia prevista la
consultazione e la partecipazione attiva delle donne e delle associazioni che
da anni si occupano dei diritti e della salute delle donne, senza le quali
nessuna garanzia dei migliori risultati possibili potrà mai esserci.
Noi
riteniamo anche inaccettabile che operino tavoli tecnici con la finalità di
attuare o modificare un provvedimento, il Decreto Polverini, che, nato per
finalità di bilancio, andrebbe invece del tutto superato, abrogato,
dimenticato.
Pensiamo sia
davvero giunto il momento di affrontare il tema del parto in ambiente
extraospedaliero in modo organico, non per fare tagli alla spesa sanitaria (o
peggio, per fare profitto!) ma per:
- tutelare e
garantire il diritto di scelta della donna sul proprio corpo e sulla propria
salute riproduttiva senza condizioni di tempo, luogo e distanze;
-
riconoscere il fenomeno della violenza ostetrica e predisporre strumenti di
contrasto agli abusi e maltrattamenti che si verificano nelle strutture
sanitarie pubbliche e private, ai danni delle donne partorienti e delle persone
neonate, creando un osservatorio regionale di monitoraggio;
- promuovere
la cultura della fisiologia della gravidanza e del parto e ridurre gli eccessi
della medicalizzazione che danneggiano la salute ed il benessere materno
infantile;
- promuovere
e valorizzare modelli di assistenza ostetrica nel percorso nascita, in accordo
con le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e delle linee
guida elaborate dall’Istituto Superiore di Sanità;
- impegnare
il SSR a garantire la libertà di scelta per donne, sul modello assistenziale e
sui luoghi del parto, con erogazione diretta o, in mancanza, con
convenzionamento delle ostetriche libere professioniste;
- garantire
la riapertura ed il funzionamento a pieno regime della Casa del Parto
Acqualuce;
- rivedere i
requisiti per la concessione delle autorizzazione all'apertura di case
maternità, delle quali deve essere preservato il carattere di un luogo
demedicalizzato assimilabile al domicilio privato;
- attuare la
Legge regionale n. 84/1985 per garantire, nelle strutture ospedaliere, il
rispetto della soggettività, della centralità e delle competenze della donna in
tutto il percorso nascita, delle sue esigenze e delle sue scelte, per
contrastare gli abusi e i maltrattamenti che si verificano nei confronti delle
donne durante gravidanza, parto e post partum, per riportare le pratiche ospedaliere
al rispetto delle raccomandazioni OMS e delle evidenze scientifiche;
- rispettare
e valorizzare l'autonomia e l'indipendenza professionale
dell'ostetrica,
la quale, a prescindere da requisiti chilometrici e di vicinanza a presidi
ospedalieri, è competente a valutare la praticabilità di un parto in ambiente
extraospedaliero, valutando caso per caso, con scrupolo professionale,
diligenza e perizia e sotto la propria responsabilità professionale, la
sostenibilità della scelta del parto.
- garantire
l'assistenza domiciliare, sia al momento del parto che nel post partum, a
garanzia della salute e del benessere materno infantile o, in alternativa,
riconoscere il diritto al rimborso integrale, quanto meno fino a concorrenza
del DRG, delle spese sostenute per il parto a domicilio o in Casa Maternità.
NOI CHIEDIAMO
quindi, alla
Regione, che gli obiettivi sopra enunciati vengano fattivamente perseguiti e
che venga garantita la partecipazione, nelle sedi tecniche e politiche, in
tutti i processi decisionali nei quali i temi della nascita vengono e verranno
affrontati, delle associazioni di donne che rivendicano la libertà di scelta
delle donne sul proprio corpo e sulla propria salute riproduttiva e l'autonomia
professionale delle ostetriche.
Roma, 21
giugno 2016
Adesioni:
Freedom For Birth Rome Action Group
Gabriella Pacini
Mirta Mattina
Carmen Rizzelli
Virginia Giocoli
Lisa Canitano
Vita di Donna