domenica 6 dicembre 2015

VBAC SI O VBAC NO?

                                    
riflessioni sul convegno all'ospedale Cristo Re il 20.11.15



Negare la possibilità di avere un parto vaginale ad una donna senza una reale motivazione medica è violenza contro le donne.
                                                                                                                                               P. Fusco



Sono al convegno e già vedere tanti ginecologi, sopratutto maschi e di una certa età,  anche importanti referenti dell'ostetricia romana, riunirsi per parlare di parto delle donne fa una certa impressione. 
Ricordo quando studiavo ostetricia al policlinico Umberto 1, non era possibile neanche nominare la parola VBAC (parto vaginale dopo cesareo)  e ri-cesarizzavano senza scrupolo  perfino le donne che avevano magari già avuto un VBAC  in qualche altro ospedale e capitavano lì nei loro giri intorno al mondo . Ricordo lo smarrimento di una ragazza indiana che doveva aver girato parecchio e che dopo un primo cesareo chissà dove aveva avuto un VBAC  in Svezia. Adesso era nuovamente a termine di gravidanza e ricoverata da noi. Stava seduta sul letto e ci guardava con aria interrogativa aspettando di capire quale destino avessero deciso i medici per lei . Come tante altre donne, era in attesa che altri decidessero sul suo corpo senza poter avere neanche diritto di parola ... . Quando le era stato detto che avrebbe avuto un altro cesareo, si era sentita confusa e spaventata, ma non c'era nessuna alternativa possibile, e cesareo fu.

Oggi la sala è piena, molte persone rimangono in piedi e si respira un aria di attesa, è subito chiaro a tutti che da domani sarà più difficile continuare a tagliare tutte senza motivo e aspettiamo impazienti l'inizio dei lavori...

Dalle prime relazioni 3 sono le  cose che emergono subito con chiarezza :

1) il VBAC si fa in alcuni ospedali non perché i medici hanno pensato la migliore assistenza possibile ma perché sono le donne che, tramite internet, social network e passa parola, si sono attivate e, scambiandosi  informazioni ed EBM, hanno preteso di scegliere loro sul loro corpo. ...questo dimostra che una rivoluzione è già cominciata e come ci si aspettava, è partita "dal basso", dalle donne stesse.
2) che la strada intrapresa negli ultimi 30 anni e che ha portato ad un incredibile aumento dei tagli cesarei (l'aumento è circa del 350% dal 1980 ad oggi) era sbagliata. Questo lo ha riconosciuto Arduini, ginecologo, medico legale, importante riferimento dell'ostetricia romana . Forse un po' poco come scuse dopo centinaia di migliaia di interventi inutili...
 3) siamo ancora in una situazione in cui ognuno fa come vuole. La relazione di Marina Davoli dall'Istituto Superiore di Sanità mostra un Italia che sembra avere il morbillo, con piccole macchie sparse quà e là... le macchie sono appunto lì dove viene permesso alle donne di partorire per via vaginale dopo il taglio cesareo, ma nella maggior parte degli ospedali ancora nulla.

La cosa che colpisce di più è vedere tanti medici che cercano di giustificare la loro condotta, del perché hanno imposto fino ad oggi (e molti continuano a farlo) un inutile e pericoloso intervento chirurgico alle donne. Sappiamo che, malgrado il VBAC sia raccomandato dalle linee guida dell'ISS dal 2012, sono ancora pochi gli ospedali dove viene effettivamente praticato.
In particolare colpisce la posizione del gruppo del FBF Villa S. Pietro, l'ospedale romano con il più alto numero di parti (supera le 4000 nascite all'anno) e anche con un altissimo numero di TC, che sfiora il 50%. Il loro primario Bonito non sa più dove arrampicarsi per poter continuare a sostenere che da loro non è possibile assistere un VBAC ma che ogni donna è costretta a subire un altro TC. Parla di rischi, di complicazioni chirurgiche, di problemi medico legali, ma ogni sua obiezione viene dolcemente rigettata da Piscicelli , il primario del Cristo Re. Carlo Piscicelli è una persona mite, non aggressiva e che cerca veramente di sostenere la salute delle donne, e si rivolge a Bonito nello stesso tono, teneramente paterno, di chi cerca di spiegare, correggere senza infierire, su di una persona in evidente difficoltà. Perché Bonito è veramente in difficoltà, e alfine, tira fuori quella che è la vera motivazione : non assistono i VBAC non perché siano convinti che il TC sia il percorso di salute migliore per madre e neonato ma perché non c'è una reale  volontà di cambiare le cose, e anche fronte di studi e evidenze scientifiche che dimostrano meno pericoloso il VBAC rispetto al TC ripetuto, tutto procede improvvisando e secondo l'umore e la convenienza del medico di turno... in una parola Bonito ammette che non è in grado di fare il primario e tutto quello che riesce a fare è  medicina difensiva.  Il bello è che Bonito lo dichiara pubblicamente e lo porta a giustificazione. A questo punto Fusco dell'Isola Tiberina (certo anche voi all'isola non è che ne assistiate tanti di VBAC, anche lì dipende da chi c'è di turno...) si alza di scatto , prende il microfono e grida : negare la possibilità di avere una parto vaginale senza una reale motivazione medica è violenza contro le donne.

Grande applauso dal pubblico. Ecco , è stato detto, è violenza.

Non è solo malpractice, è una vera e propria forma di violenza, che nasce dal disprezzo per il corpo delle donne. Le madri, lo sappiamo, vengono celebrate pubblicamente ma disprezzate in segreto e negare il diritto alla libertà di scelta nel parto è non riconoscere il loro diritto ad autodeterminarsi e decidere per il loro corpo, di fatto è violenza.
Ferrazzi, primario del Buzzi di Milano e Serra , ex- primario del Cristo Re dicono che l'unica strada possibile è lasciare l'assistenza del parto fisiologico alle ostetriche (purtroppo anche loro, in quanto donne, troppo spesso celebrate pubblicamente e disprezzate in segreto...). Ferrazzi sottolinea come anche nella comunicazione dobbiamo fare attenzione all'uso delle parole: parlare di taglio cesareo rimanda ad un imperatore, è nobilitante. Il taglio cesareo andrebbe chiamato per quello che è quindi un  estrazione fetale addominale chirurgica, o nascita addominale chirurgica. Solo così possiamo vederlo e capire di cosa si tratta.
Questo fondamentalmente quello che esce dal convegno, e che già sapevamo, ma vederlo e sentirlo, è la dimostrazione che la strada intrapresa dalle donne, al contrario dei medici, è quella giusta, e sta cominciando a dare i suoi frutti.

Gli altri commenti e relazioni riguardano indicazioni, modalità di assistenza, vantaggi e svantaggi. Riassumendo brevemente:
Non ha valore la valutazione dello spessore della cicatrice a termine di gravidanza.
L'induzione non va fatta anche se, in caso di necessità , è possibile usare ossitocina durante il travaglio.
E' possibile avere l'epidurale, anche se gli anestesisti (Farina) ammettono che allunga un poco i tempi dell'espulsione.
Il montoraggio va fatto per tutta la durata del travaglio (ma quando potremo avere finalmente il monitoraggio wireless?).
Per il Royal College è possibile avere un VBAC già dopo soli 12 mesi, altri studi fanno riferimento a 18 mesi.
E' possibile, e raccomandato,  avere un VBA2C, i rischi aumentano di poco (rischio di rottura d'utero dopo 1 TC 0,75%, dopo 2 TC 1,60%.
La mortalità materna nel VBAC è 4/100.000 , nel TC ripetuto 13/100.000.
Il picco della rottura d'utero è intorno ai 4-5 cm , e non in fase espulsiva, come alcuni temono.


buon VBAC a tutte .


1 commento:

  1. E se alcuni iniziassero a chiedersi se le condizioni offerte al momento del parto e l'atteggiamento dei presenti ne influenzano l'andamento e l'esito? E a incuriorirsi su come si può rendere il parto più facile e rapido, e quindi meno rischioso? Posso prevedere che cambierebbero le statistiche e forse non sarebbe neppure necessario parlare di VBAC :)... nel senso che anche dopo un'estrazione addominale del bambino non è affatto da escludere un successivo parto (per parto intendo il processo fisiologico, non l'operazione chirurgica). Comunque sia, se cesareo deve essere, che almeno sia a travaglio iniziato spontaneamente... a meno di rari casi di emergenza, in cui la vita di madre e/o bambino è in pericolo. Reale pericolo intendo, non per cautela di un possibile pericolo che ancora non si è presentato, e non si sa se mai si presenterà.

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